«Io badante a L’Aquila con il cuore in Ucraina»

28 gennaio 2015 | 09:32
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«Io badante a L’Aquila con il cuore in Ucraina»

di Francesca Marchi

Alessandra viene da Leopoli, una città dell’Ucraina occidentale. Pronunciare il nome di questo Stato è oggi sinonimo di guerra.

Leopoli non è coinvolta nel conflitto, si trova lontana dal Donetsk, Luhansk e Kharkiv, le regioni dell’Ucraina più orientale, quelle che confinano con la Russia. Alessandra arriva in Italia, all’Aquila, 16 anni fa in cerca di lavoro. Fa la badante. Assiste una donna anziana che comunica solo con lo sguardo e qualche parola ogni tanto. Difficile convivenza, eppure Alessandra si sente a casa. In Ucraina c’è la sua famiglia che l’aspetta. Il figlio, la nuora e i suoi nipotini.

Parliamo della guerra. Lei, con gli occhi pieni di lacrime si sente impotente. La mancanza della sua terra si amplifica ora che il paese vive l’ orrore di una guerra civile. Alessandra segue tutti notiziari, si collega a internet, telefona a suo figlio quando può e ci parla per pochi istanti. Costa troppo chiamare. Il figlio la rassicura. Ha la certezza di un lavoro e una bella famiglia. Ma a prendere il sopravvento è la precarietà di questi giorni che son diventati mesi.

Leopoli non è coinvolta nel conflitto, ma si respira aria di guerra anche lì.

Il figlio le raccomanda di non mandare più soldi a casa. «C’è il pericolo che le banche li trattengano». «Non raccontano tutto i telegiornali, non parlano delle torture riservate agli ucraini, quelli che guardano l’Europa e voltano le spalle alla Russia».

Molti, anche da Leopoli, sono partiti per combattere e rivendicare la loro libertà e quella della loro terra. Alcuni non son più tornati. «Altri subiscono torture orribili. La bandiera dell’Ucraina è stata fatta a pezzi ed è stata fatta ingoiare a forza ai ribelli fatti prigionieri», racconta suo figlio via Skype. «Putin vuole l’Ucraina intera. E’ questione di tempo, ma presto sarà la volta di Kiev e poi delle altre città».

Ci parla della strage a Mariupol e ora le lacrime non le trattiene più. «Sono morti anche dei bambini. Putin non si fermerà, se il mondo non interviene».