
di Valter Marcone
Un paese colorato e suggestivo
d’estate, silenzioso d’inverno.
Ed è come una restituzione alla vita
dopo il vagabondare per mesi
ed anni diventati un tempo
senza misura o senso.
Un suono di stoviglie smosse
davanti ai monti circostanti
fa sentire le vecchie pietre d’unto
e il fumo delle fascine
spartisce il passato e l’avvenire.
Si sposta la luce, il vento
e le automobili sul selciato
della strada antistante la casa
e si sposta pure chi di fretta
va a sedersi sulle panche dell’ambulatorio.
Per questa terra gira ancora
un venditore ambulante
con il suo camion di frutta e verdura
e non più carretto e mulo.
Chi viene dunque ora porta notizie
che la tivvù è spenta
e i giornali servono per accendere
il fuoco del camino.
Le case e le topaie in fila
seguono le strade strette
dove fa ombra il tetto spiovente.
Cresce l’erba
e come è giusto e come il cuore
tollera passo in rassegna ora
la vita e conto dentro le mie tasche
i soldi, le ansie e le lacrime.
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