
Expo 2015 e ricostruzione dell’Aquila per il procuratore della Repubblica del capoluogo d’Abruzzo, Fausto Cardella, che è anche procuratore distrettuale antimafia, sono «le due grandi emergenze in Italia per il rischio infiltrazioni mafiose ma anche per altri rischi, come ad esempio la corruzione». «Questo – dice – per il grosso giro di soldi, dove c’è ricchezza qualcuno cerca di approfittare». Questo il commento del magistrato a pochi giorni dalla denunciata «crescita del fenomeno delle infiltrazioni di criminalità organizzata» in relazione al dopo sisma fatta dal presidente della Corte d’Appello, Stefano Schirò, in apertura di anno giudiziario.
Sia il presidente della Corte d’appello dell’Aquila, sia il Procuratore Generale hanno parlato del pericolo infiltrazioni e corruzione. «In Abruzzo – prosegue Cardella – si è posto l’accento sul fenomeno, anche se c’è da dire che non è tipicamente abruzzese o aquilano perché mi pare che in tutte le relazioni in Italia se ne sia parlato. Comunque, è un problema grave, non a caso il ministro della Giustizia ha stigmatizzato il fenomeno, ma a fronte di tutto questo gli strumenti di contrasto segnano il passo».
Il procuratore capo, però, chiarisce che non c’è allarme, anche per via del fatto che «ci sono risultati, presenze e indagini».
«Al di là delle specificità della ricostruzione, che è un evento importante, in Abruzzo c’è lo stesso fenomeno che si registra in Italia – spiega ancora – non si deve sminuire la problematica perché il livello di attenzione delle istituzioni e dei cittadini, che è fondamentale, non venga meno, ma nel contempo non si deve enfatizzare perché tutto va visto con la doverosa relatività. L’Abruzzo resta sano anche se non è immune, ma in questo senso non è l’unico posto in Italia. Non è terra di infiltrazioni e bisogna dirlo, sennò non si farebbe bene alla regione e alla verità» conclude.
«CONTROLLI SU RICOSTRUZIONE PRIVATA» – «Nella ricostruzione privata c’è l’assenza di una normativa ad hoc che favorirebbe un maggior controllo soprattutto nell’assegnazione degli appalti. Con una legge più puntuale si potrebbero sanzionare i subappalti nell’ambito dei quali abbiamo trovato le infiltrazioni mafiose», aggiunge Cardella in merito alla necessità di una legge ad hoc sulla ricostruzione privata caratterizzata da commesse milionarie affidate direttamente, quindi, senza bando pubblico.
Sull’argomento l’attuale vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, qualche mese fa, quando era sottosegretario all’Economia con delega alla ricostruzione, aveva preparato una bozza. Un tema tornato d’attualità nella recente visita di Legnini all’Aquila.
«C’è un interessante progetto di legge che aveva portato avanti l’attuale vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini, quando era sottosegretario all’economia con delega alla ricostruzione, che dovrebbe andare avanti – continua – ci permetterebbe di controllare maggiormente i subappalti dove fino ad oggi si sono annidate le organizzazioni della criminalità organizzata. Il Prefetto ha tradotto questa intenzione del senatore Legnini in una lettera di sollecito all’approvazione della norma concordata nella recente visita dello stesso Legnini, inviata al governo e al parlamento – ricorda il procuratore capo dell’Aquila – il problema si risolverebbe estendendo la normativa che riguarda gli appalti pubblici alla ricostruzione privata».
«EVITIAMO MISURE COME A MONZA» – «Il vero problema è la sproporzione tra le cose fa dare e le persone che le devono fare. Mancano mezzi e risorse umane», sottolinea Cardella in merito alle carenze di personale negli uffici della locale Procura della Repubblica dell’Aquila, chiamata a gestire la fase repressiva nel cantiere più grande d’Europa alla luce della ricostruzione post terremoto.
«Nell’ambito del personale amministrativo della Procura siamo arrivati a circa il 40% di scopertura, su una pianta organica che prevede 40 unità, gli effettivi sono 26, numero sul quale si devono fare i conti con malattie e ferie. I pubblici ministeri sono 6, di cui 4 assorbiti anche da indagini della Procura distrettuale antimafia che abbraccia 8 tribunali in Abruzzo, i quali sono chiamati poi a seguire i processi. Già facendo questo guadagnerebbero ampiamente lo stipendio, ma poi devono fare il resto relativo all’attività della Procura». «Alle carenze cerchiamo di sopperire con la qualità e il sacrificio», aggiunge, e, parlando del “caso” della Procura di Monza, dove le percentuali di scopertura degli organici tra Procura e Tribunale sono analoghe a quella dell’Aquila (il 40%), ha detto: «Fin che possiamo, evitiamo che all’Aquila si debba adottare una misura del genere».
«Ogni volta che arriva una nuova proposta indagine – prosegue il Procuratore della Repubblica Fausto Cardella – la prima domanda che ci poniamo con i colleghi è: ‘chi la farà?’ Parlando di attività distrettuale antimafia, tutte le forze di polizia sono piene di lavoro, c’è un problema di saturazione investigativa». «Rivolgo un apprezzamento generale alle forze di polizia, ma c’è una sproporzione quantitativa rispetto al carico di lavoro» spiega ancora. «Di fronte alla coperta troppo corta – aggiunge Cardella – non c’è molto da sperare, l’unica cosa è aiutarci tra di noi, cercando di fronteggiare la situazione. Magari con le applicazioni di colleghi dall’Abruzzo e da altre regioni, come ipotizzato dal vice presidente Legnini nella recente visita». «Comunque non ci sono inchieste ferme». «A mio avviso è un modo ragionevole per non stare ad aspettare qualcosa che è difficile che arrivi perché il problema non è solo aquilano e abruzzese ma generale».