
di Fulgo Graziosi
Premetto, per evitare sterili polemiche e puerili commenti, che l’intervento sulle decisioni assunte dalla Giunta Municipale in merito al tracciato e al progetto della pista ciclabile denominata [i]“Corridoio verde dei Parchi lungo la Valle dell’Aterno”[/i], vuole avere un livello decisamente superiore a quello genericamente offerto alla pubblica opinione.
Vorrei precisare, avendo seguito l’evoluzione della normativa sulle piste ciclabili fin dalla prima emissione che l’dea venne fuori direttamente dal Ministero dei Lavori Pubblici quasi mezzo secolo fa, sulla scorta dei preoccupanti dati forniti dai decessi dei cicloamatori provocati dal traffico sulle strade nazionali, provinciali e comunali. Il Ministero avvertì la necessità di emettere un D.M., con il quale affidò la realizzazione delle piste ciclabili alle Province. L’entrata in vigore delle Regioni bloccò sul nascere l’iniziativa, in quanto, i nuovi Enti ne chiesero la titolarità. Le piste ciclabili restarono chiuse, come tante altre iniziative, negli ermetici cassetti regionali.
Intervenne sullo stesso progetto anche il Ministero della Sanità che volle attribuire alle piste ciclabili non solo il significato di decongestionamento della viabilità nazionale, ma, anche e soprattutto, una caratteristica prettamente sanitaria, conferendo alle predette piste anche la denominazione di “percorso vita”, poiché il Dicastero era fortemente convinto che le stesse potessero essere utilizzate da tutti quei pazienti che avevano necessità della riabilitazione fisica a seguito di interventi o di conseguenze traumatiche subite. Altro elemento che avrebbe dovuto far riflettere la Regione sulla realizzazione di adeguate strutture decongestionanti del traffico e, come abbiamo visto, anche salvavita. Invece, il tutto cadde nell’oblio.
Le Province, comunque, non restarono con le mani in mano. Elaborarono un progetto programma che prevedeva la realizzazione di una struttura ciclabile corrente da San Vito Chietino, fino a San Benedetto del Tronto e una bretella che avrebbe dovuto percorrere le aree interne lungo tutto il percorso del fiume Aterno. Il progetto ha visto la definitiva stesura, approvazione e finanziamento soltanto nell’anno 2014 per il tratto San Vito Chietino San Benedetto del Tronto, con la completa esclusione della bretella delle aree interne, a causa della completa miopia di taluni rappresentanti politici che, per queste specifiche capacità, avrebbero voluto raggiungere l’ambita vetta della Camera. Per fortuna gli elettori hanno stroncato sul nascere queste pretese, evitando di far commettere ulteriori e più gravi danni al nostro territorio.
Una sola Associazione, per la verità, non si dette per vinta: il Panathlon Club L’Aquila. In silenzio e con profonda umiltà elaborò un progetto di fattibilità, corredato anche degli atti per la richiesta dei finanziamenti e per le successive operazioni di appalto. Lo regalò al Comune dell’Aquila nel 2008, attraverso l’allora Presidente Giorgio Spacca, attualmente Consigliere Comunale con la specifica delega alla Pista Ciclabile, che sta alacremente lavorando per portare a termine gli impegni comunali. Per stendere un velo pietoso sulla vicenda preciso, solo algebricamente, che il Panathlon ha fornito negli anni ben cinque copie dello stesso progetto. Puntualmente smarrito all’interno della casa comunale. Poi, si venne a sapere della poco felice e irriguardosa iniziativa assunta dal Comune con la firma di un protocollo d’intesa con i soli Comuni dell’Alta Valle dell’Aterno, ignorando volutamente quelli della Bassa Valle. C’è voluto il cambio di casacca di Pierpaolo Pietrucci, dal Comune alla Regione, per sposare il progetto Panathlon della pista ciclabile, fortemente sostenuta dal Presidente Luciano D’Alfonso. Ci sono voluti anche ben sette anni perché il Comune dell’Aquila entrasse nell’ordine di idee di una così importante struttura “strategica per lo sviluppo del comprensorio e per la sua valorizzazione ai fini turistici”. La infrastruttura non ha solamente la capacità di mettere in evidenza le potenzialità turistiche delle aree interne. Gode anche del riconoscimento del Ministero della Sanità che attribuisce alla pista ottime capacità riabilitative. Il Panathlon è andato ben oltre. Ha posto in evidenza le bellezze paesaggistiche e ambientali del percorso. Ha guardato alla valorizzazione del fiume. Ha posto in evidenza tutte le emergenze archeologiche e artistiche dei territori attraversati dalla pista. Ha evidenziato il grandissimo interesse storico e culturale dei centri abitati lambiti dal percorso. Non ha trascurato uno dei maggiori aspetti di particolare interesse della collettività attuale: la socializzazione e la riunione delle famiglie proprio nel momento cruciale della crisi economico sociale che il Paese sta attraversando. La pista ciclabile costituisce in pieno l’elemento capace di soddisfare le esigenze della società, della famiglia, degli amanti della cultura, della storia, dell’ambiente, del turismo nel senso più ampio, degli sportivi e, soprattutto, dei giovani e ragazzi. È, in effetti, una bella struttura capace di soddisfare le esigenze di tutta la gamma sociale esistente sul territorio e, in particolare, dei turisti stranieri assetati di conoscere tutte le potenzialità di cui è dotato l’ambiente che ci circonda. E non sono poche.
Il progetto viene curato, con altissima professionalità, dall’Università dell’Aquila, fortemente sostenuta dal Panathlon e dalla stessa Regione. Le premesse ci sono tutte: volontà politica, professionalità universitaria, tenacia panathletica, disponibilità finanziaria comunitaria e regionale. Occorre solamente rimboccarsi le maniche per portare a termine il progetto, approvarlo nella interezza indicata, definire le fonti finanziarie e, infine, provvedere all’appalto senza perdere altri otto anni.