
di Valter Marcone
“[i]Laudato sì, mi Signore, per sora luna e le stelle,/ In celu l’ài formate, clorite, preziose et belle[/i]” canta Francesco nel Cantico delle creature a proposito della luna.
La luna, Selene o Diana, madre o figlia, sposa o meretrice. La luna camminatrice notturna, calda o fredda, dolce o beffarda ma sempre regale “[i]in un cielo trapunto di stelle[/i]” o tra nubi tempestose.
Ecco la luna di tutti e dei lunatici in particolare, la luna dei poeti.
Da Buonagiunta da Lucca che precorre il dolce stil nuovo con “[i]E stella e luna ed ogni altra lumera[/i]”, appellando così la donna amata, a Jacopo dei Benedetti in De la grande battaglia de Anticristo, che fa vivere il sentimento popolare nella laude ”[i]La luna è scura, el sole ottenebrato[/i]”. Nella lauda gli astri ci danno una completa visione, anche figurata, della passione e della partecipazione completa che unisce Dio, popolo e creato in un unico mistico “[i]a solo[/i]”.
E’ Dante, però, che gli attribuisce un nuovo appellativo: “margarita”.
[i]Parev’a me che nube ne coprisse
Lucida, spessa, solida e pulita:
Quasi adamante che lo sol ferisse.
Per entro sé l’eterna margarita
Ne ricevette, com’acqua recepe
Raggio di luce permanendo unita.[/i]
Ma il poeta non si accontenta e nel salire la selva nel suo viaggio nell’oltretomba ci dà un’immagine di viva poesia della luna:
“[i]E già la luna è sotto i nostri piedi[/i]”
Ma è nell’incontro con Beatrice, nel Paradiso, Canto I vv.109-120, che le anime si specchiano nella luce della luna:
[i]Ne l’ordine che io dico sono accline
Tutte nature per diverse sorti
Più al principio loro e men vicine;
onde si muovono a diversi porti
per lo gran mar de l’esser, e ciascuna
con istinto a lei dato che la porti.
Questo ne porta il foco in ver la luna,
questo nei cor mortali è per motore,
questo la terra in sé stringe e aduna.
Né pur le creature che son fuore
D’intelligenza quest’arco saetta,
ma quelle che hanno intelletto e amore.[/i]
E’ il contemporaneo di Dante Dino Frescobaldi che chiama la luna [i]stella Diana[/i] in due versi che esprimono un paragone di luce:
[i]“Che luce il lume de la sua bellezza
come stella diana o margherita”.[/i]
Cecco Angiolieri (Francesco Stabili) con burle e polemiche da astrologo ed occultista che gli procurarono il rogo con arguta astuzia afferma:
[i]La luna muove natural virtute
Ciascuna pianeta con gli ottavi lumi
Dispone il mondo con le lor vedute.
E nei paragoni tra uomini ed animali la luna fa capolino:
Forse s’allegra nella luna nuova
La scimmia e, quand’è mezza, si fa trista
Che par che sopra lei li pensier prova.[/i]
E anche Jacopo Alighieri nel Dottrinale parla così della luna:
[i]La casa de la luna
Col Cancro si rauna
E ‘l secco e ‘l caldo priva
Di ciascuna sua riva sicchè si pare all’acqua
Che nel freddo scialacqua.[/i]
Fazio degli Uberti, poeta didascalico della luna, si limita a dire:
“[i]Al lume delle stelle e della luna[/i]”
per poi riprendere il paragone della luna con la stella Diana:
[i]“Come per primavera innanzi al giorno
Ride Diana, nell‘aere serena
D’una luce si piena
Che par ne risplenda tutto ‘l cielo
Così all’ombra del candido velo,
dove la sua virtù raggia e balena.
Ride un piacer che a pena
Si puote immaginar quanto è adorno”.[/i]
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