Monsignor Romero, Papa accelera su beatificazione

di Nando Giammarini*
Papa Francesco ha autorizzato, lo scorso 3 febbraio, la Congregazione per la causa dei martiri a promulgare il decreto per la beatificazione di Monsignor Oscar Arnulfo Romero, approdata a Roma fin dal 1996, ucciso dagli squadroni della morte in Salvador il 24 marzo 1980 mentre era intento a celebrare la messa.
In ogni angolo del mondo le squadracce fasciste sono, da sempre, portatrici di terrore, distruzione, morte. Grande eco suscitò in America Latina, e nell’intero globo terrestre, l’efferato delitto compiuto da un cecchino assoldato dalle bande di estrema destra, tanto che a Roma, nel quartiere in cui abito, in VI Municipio, gli intitolammo la scuola primaria.
A dimostrazione degli ottimi rapporti tra il Salvador e la Santa Sede, lo scorso 23 maggio 2013, in un incontro ufficiale, l’allora presidente salvadoregno, Carlos Mauricio Funes Cartagena, donò al Papa un reliquiario con un frammento della veste che il presule indossava quando fu assassinato. Questa la dichiarazione fatta dal direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi: “[i]Al centro della veste, ben visibile, una macchia di sangue. Il reliquiario è a forma di ostensorio a croce, con i bracci raffiguranti figure umane stilizzate, a rappresentare la partecipazione del popolo di Dio alla morte del suo Vescovo[/i]”.
Con lui venne spenta l’ultima voce non violenta e il paese sprofondò nella guerra civile che si concluse nel 1992 con ben 80.000 vittime. Ci fu un profondo cambiamento anche nella chiesa, tanto che intorno al 2000 un quarto della popolazione, precedentemente cattolica, era diventata protestante, con la sostanziale differenza che i cattolici si opponevano ad ogni forma di ingiustizie mentre i protestanti combattevano esclusivamente il comunismo e tutti coloro che proponevamo e perseguivano le riforme sociali erano considerati comunisti. Basta ricordare la reazione della borghesia che arrivò a rovesciare, con un colpo di stato, il governo di Unità Popolare di Salvator Allende, l’11 settembre del 1973, a capo di una coalizione di comunisti, socialisti, radicali, cattolici di sinistra, nel momento in cui era riuscito a fornire ad ogni bambino cileno mezzo litro di latte al giorno. Da quel tempo i militari guidati dal generale Pinochet si macchiarono dei più gravi reati che la storia dell’umanità ricordi anche con la complicità del capo della democrazia cristiana cilena che si era schierato apertamente con le forze della reazione e delle uccisioni di massa. Prova provata ne era il fatto che in tutte le manifestazioni di piazza che si tenevano in ogni nazione lo slogan ricorrente, nelle diverse lingue, era: ”Democrazia Cristiana in Salvador e in Cile hai scelto la tua parte contro gli operai a fianco di Duarte”.
La causa di beatificazione del prelato salvadoregno – che si era schierato apertamente contro la povertà e l’oppressione della feroce dittatura militare intenta a mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali – ha subito un inspiegabile arresto; lunghi anni e migliaia di pagine passate al setaccio per arrivare alla soluzione che nel magistero di Romero non esistevano errori nè anomalie dottrinali.
Un ruolo preponderante nella gestione della causa Romero lo aveva svolto il cardinale colombiano Alfonso Lòpez Trujillo, importante esponente della Congregazione per la dottrina della fede, il cui ordine di scuderia era stato quello di assumere un atteggiamento dilatorio. Secondo alcune scuole di pensiero operative in ambito ecclesiastico portare l’arcivescovo salvadoregno agli onori degli altari equivaleva, in qualche modo, a legittimare i movimenti popolari d’ispirazione marxista e le guerriglie più accese negli anni settanta, essendo il vescovo troppo vicino alla teologia della liberazione quindi fuori dai rigidi canoni dell’ortodossia della chiesa cattolica. Nulla di più assurdo e sbagliato. Una tesi confutata dal tempo.
Qualche giorno fa l’accelerazione impressa dal Papa, segno di un cambiamento nella chiesa, che cancella di fatto quelle che erano resistenze e pregiudizi di ordine politico. Viene così giustamente riabilitato un uomo ancor prima che un presule che ha speso la sua vita in difesa dei poveri dell’America Latina. I cattolici di quel paese lo invocano come “S. Romero de America”
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