
di Germana Rossi
Chi procedendo frettolosamente per una strada in montagna non è rimasto affascinato dall’avvistamento di un gregge di pecore? Con un procedimento tipico della fantasia popolare, che trasforma i fatti quotidiani nella personificazione dei fatti stessi, come potevamo noi Abruzzesi non trasformarci in pecore almeno una volta per Carnevale? Al riparo dalla finzione carnascialesca ci è sembrato questo il costume più adatto a divertirsi e far sorridere chi ci incontrava. Una dozzina di pecore che avanzavano al suono del loro belare tra le strade aquilane, incuranti del traffico che pur si è fermato ad osservare questo inaspettato movimento.
L’idea “Operazione Morra” è partita proprio dall’antico gesto di “[i]Ammorrare[/i]” le pecore, consistente nel raggruppare piccoli gruppi di pecore appartenenti a diversi proprietari e condurli al pascolo mediante un pastore unico o a turnazione e una dotazione di cani adeguata. Questa consuetudine zootecnica era basata sulla cooperazione organizzativa e condivisione d’intenti di tutti i proprietari, che contribuivano in maniera personale e secondo le loro possibilità (chi costruiva lo stazzo, chi raccoglieva il latte, chi produceva il formaggio). Proprio come quelle comunità di pastori abbiamo voluto mettere insieme le nostre virtù (chi si è occupato di comperare la stoffa, chi di trovare i campanacci, chi di cucire gli abiti, chi di far le fotografie) per interrompere per un giorno o due la quotidianità con una solennità: il sorridere.
Sorridere (non solo a Carnevale) è un gesto solenne funzionale alla vitalità. Sabato la Morra ha pascolato nel centro storico dell’Aquila e nella giornata di domenica, partendo da Paganica, percorre il Tratturo Magno fino a Sulmona.
[i]Fotografie di Marco Esposito.[/i]