Liceo ‘Croce’ strappa promesse in Provincia

16 febbraio 2015 | 12:28
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Liceo ‘Croce’ strappa promesse in Provincia

di Gioia Chiostri

[i]‘Non è vero, ma ci credo’[/i]. Potrebbe essere condensata in questa frase d’autore, del magnifico filosofo Benedetto Croce appunto, il senso di mestizia mista a ribellione percepita dagli studenti del Liceo statale omonimo. Siamo ad Avezzano e, questa volta, ci si arrampica lungo uno specchio tutt’altro che mentitore. Qualche giorno fa, in una lettera indirizzata a tutte le testate locali e firmata dal rappresentante d’Istituto nonché vicepresidente della Consulta provinciale, Luigi Scoccia, è esplosa la bomba ‘termosifoni non funzionanti’ all’interno delle aule della scuola. Studenti al freddo, «costretti a presenziare alle lezioni con addosso cappotti, sciarpe e cappelli» da quasi vent’anni: questi gli ingredienti di un racconto davvero surreale, visto che, in ballo, c’è la formazione della futura generazione pensante.

[i]IlCapoluogo.it[/i] ha deciso di scavare a fondo. Jessica Muti, una studentessa frequentante la classe 5D del suddetto Liceo, ha svelato gli altarini di una situazione, a detta sua, «non più sostenibile». Il giorno 13 febbraio, in un clima di sfiancamento, è avvenuto un incontro in Provincia, a L’Aquila, fra una delegazione degli studenti del ‘Benedetto Croce’, una parte dei docenti della stessa scuola – appoggianti, ovviamente le motivazioni dei ragazzi – e l’assessore Domenico Palumbo. Una situazione di disagio giunta allo stremo, insomma.

«Sono cinque anni – spiega la studentessa – che frequento il Liceo ‘Benedetto Croce’ e, rispetto alla condizione ‘termosifoni non funzionanti’ non si è mai risolto nulla, nonostante i numerosi solleciti da parte del nostro preside. Ad oggi, non abbiamo avuta una risposta dalla Provincia. Il giorno 13 febbraio, abbiamo dovuto mettere in moto le nostre gambe per ottenere qualche briciola di pane. Siamo andati a L’Aquila, saltando le lezioni scolastiche e abbiamo avuto un fruttuoso incontro con l’assessore. Fortunatamente, non siamo tornati ad Avezzano a mani vuote; ci è stato detto, infatti, che verranno a fare un sopralluogo entro la prossima settimana e che daranno seguito ad un preventivo per sapere quanto verrà a costare la sostituzione degli infissi all’interno della scuola e il rifacimento di buona parte di essa. Tutto sommato: un bel bottino di ‘guerra’, anche perché stare fermi per 5 ore al freddo è, a nostro avviso, davvero inaccettabile!». Il lato amaro è che, poi, al ‘Benedetto Croce’, studiano anche 40 alunni disabili. «Loro frequentano le lezioni in maniera penosa – specifica il rappresentante d’Istituto, Scoccia – con cappelli e sciarpe indossate. Questa cosa l’abbiamo notificata anche all’assessore Palumbo. Spero solo che la lingua del politichese, questa volta, non sia foriera di falsità come nella maggior parte dei casi: noi ci crediamo, nonostante la realtà ci dica tutt’altro».

{{*ExtraImg_233369_ArtImgRight_300x221_}}Luigi Scoccia, frequentante la stessa classe di Jessica, ha, però, delle riserve in merito nascoste nel taschino della mimetica da battagliero. «Oggi un tecnico verrà a visionare l’intero impianto di riscaldamento della scuola per ricavarne le condizioni. È una situazione davvero vergognosa, che va avanti, a detta dei nostri docenti, veterani dell’istruzione, da almeno 20 anni. Sono tre anni che frequento questa scuola e dacché mi ricordo io, l’impianto non ha mai funzionato ad arte. Noi, in questi anni, abbiamo cercato di dar luogo a proteste che non oltrepassassero però mai i recinti della nostra scuola. Quindi azioni di protesta pacifiche, assai circoscritte, ‘buone’ per certi versi. Ad esempio, mi ricordo di quando portammo delle coperte in classe per coprirci. In tutto questo arco di tempo – spiega ancora Luigi – abbiamo dato in pasto alle stampe dei brevi comunicati o delle lettere per rendere noto che noi studenti del ‘Benedetto Croce’ siamo stati costretti, in più occasioni, a recarci in classe muniti di piumini. Purtroppo non siamo stati mai presi in considerazione sul serio».

Da qui, l’idea di portare la protesta fuori i recinti scolastici. «Abbiamo deciso – aggiunge Luigi – di comportarci come l’esercito studentesco di tutte le altre scuole marsicane: ossia andare a farci sentire direttamente a L’Aquila, nei locali della Provincia. Ci siamo autofinanziati il viaggio in autobus. 110 studenti hanno saltato, per così dire, le lezioni e si sono diretti al capoluogo».

La situazione sembra essersi incancrenita nel tempo. Tanti reclami, scioperi e quant’altro il ‘libretto dello studente’ permetta in merito ad azioni sovversive, ma un nulla di fatto sul piatto della bilancia. Almeno fino a questo momento. «Abbiamo dovuto farci sentire e alla fine abbiamo ottenuto una carta scritta e firmata dal dottor Palumbo stesso: lunedì 16 febbraio verranno a vedere l’impianto di riscaldamento dei termosifoni, mentre mercoledì 18, l’assessore verrà a vedere la scuola per il preventivo. Ci ha detto che entro un mese sarà avviato un progetto che verrà presentato al Ministero per ottenere fondi per il rifacimento scolastico», sostiene, dal canto suo, Jessica. Questo il grappolo delle promesse ‘strappate’ alla politica. «Ma – aggiunge la studentessa – se non dovessero mantenere la parola, noi studenti continueremo a manifestare ad oltranza».

Il ‘Benedetto Croce’ è un istituto di veterana storia ‘sudata’ alle spalle; sorto nel 1862, è, ad oggi, la scuola più antica della città di Avezzano. Fu ‘voluta’ da Eugenio di Savoia, che decise di istituire una scuola ‘per formare maestri’. Secondo la promessa cartacea di Palumbo, in dieci giorni circa, verrà stilato un preventivo che servirà per presentare il progetto scolastico al Ministero, in quanto la Provincia non sembrerebbe avere i soldi necessari per poter finanziare l’iniziativa del nuovo impianto di riscaldamento. La famosa ‘carta di Palumbo’ è una sorta di verbale con su scritto tutto ciò che è stato detto il giorno dell’incontro. «L’assessore ha promesso, in breve, che nei prossimi mesi la scuola sarà sempre calda», afferma Luigi.

{{*ExtraImg_233370_ArtImgRight_300x223_}}Un’assenza di massa, quella del giorno 13 febbraio, per la quale, spiega Luigi, residente ad Ovindoli, non verrà preso alcun provvedimento disciplinare. «Abbiamo deciso di boicottare la scuola per una giusta causa. Il corpo docenti e il preside sono dalla nostra». Luigi Scoccia, però, confida di non essere totalmente ottimista in merito alla situazione risolvibile del ‘Benedetto Croce’. «E’ un problema che va avanti da troppo tempo, oramai. Anche lo scorso anno abbiamo sollecitato un intervento e non abbiamo ottenuto nulla. Adesso, però, abbiamo quantomeno guadagnato una carta scritta, firmata dall’assessore stesso, la quale impegna la Provincia a destarsi sul problema. È una carta con delle scadenze: io frequento il quinto anno, quindi non vedrò mai realizzato il mio impegno in qualità di studente di Liceo. Spero che i miei successori raccolgano i frutti delle nostre proteste». Carta canta, in fondo. «Noi – conclude Luigi – non abbiamo preteso gli infissi nuovi da un giorno all’altro, ma abbiamo cercato di sollecitare la stesura di un progetto a lungo termine, ossia il rifacimento del ‘Benedetto Croce’ a norma e sempre riscaldato: noi aspettiamo l’assessore il 18 febbraio alla nostra assemblea d’Istituto».

Il liceo statale ‘Benedetto Croce’ è neonato, come ci tiene a precisare Luigi. «Noi, – afferma – grazie alla riforma Gelmini, abbiamo cambiato, per così dire, il nostro indirizzo. All’ interno della scuola, tre filoni di istruzione, quali il Liceo Linguistico, il Liceo di Scienze Umane e il Liceo Economico Sociale. Siamo indirizzi scolastici neonati, ovviamente, a confronto con il Liceo Scientifico o con il Liceo Classico ‘Torlonia’; ma ciò non significa che non siamo studenti come tutti gli altri: ci alziamo come gli altri discenti tutte le mattine alle ore sette in punto. Cosa fanno gli altri più di noi? Perché non dobbiamo poter godere di una struttura scolastica impeccabile come il vicino Liceo Scientifico ‘Pollione’?». Parole sante. I due incontri infrasettimanali potrebbero portare novità buone. Il vento della protesta assomiglia un po’ alla burrasca: si spera che dopo la pioggia, si tornino a veder le stelle della speranza.

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