Edilizia scolastica in panne

27 febbraio 2015 | 09:29
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Edilizia scolastica in panne

di Fulgo Graziosi

Basta che cada qualche granello di intonaco per far sollevare proteste in tutto il territorio provinciale. È giusto che sia così. È giusto che i genitori si preoccupino della incolumità dei bambini, dei propri figli. Non è giusto, però, che si vada alla ricerca del capro espiatorio, specialmente quando questi risulti corresponsabile per le palesi inadempienze delle Istituzioni superiori preposte all’ordinamento giuridico della materia.

Per capire bene il meccanismo occorre fare qualche passo indietro, altrimenti non si riesce ad afferrare il senso del discorso. Premettiamo che non siamo contrari alle riforme. Esse, però, non devono e non possono essere soltanto virtuali. Occorre, prima di tutto, conoscere alla perfezione i precedenti, siano essi storici, legali o amministrativi. Su queste conoscenze e su queste basi si possono progettare razionali e attuabili riforme. In assenza di questi dati si rischia di creare soltanto confusione. Non solo, ma, spesso e volentieri, si pretende di scomodare la Magistratura affinché indaghi, processi e condanni una Amministrazione, un Dirigente, chiunque esso sia, anche se poi nel tempo risulterà perfettamente estraneo alla vicenda.

Sarà necessario ricordare che le competenze per l’edilizia scolastica, fino agli anni novanta erano suddivise in questo modo: Istituti tecnici e scientifici di competenza delle Province; Istituti ad indirizzo umanistico di competenza comunale. La focalizzazione dello stato di degrado del patrimonio edilizio scolastico avvenne in occasione della emanazione dei famosi “Decreti Bassanini”, attraverso i quali il legislatore commise uno dei più disastrosi e macroscopici errori. Con i predetti provvedimenti le competenze degli Istituti ad indirizzo umanistico furono trasferite alla Regione con il patrimonio umano del personale di segreteria, di custodia e di attesa. Fin qui non ci sarebbe stato nulla da eccepire. La Regione, che fino a qual momento aveva fatto incetta di deleghe da parte dello Stato, fiutò le incertezze della normativa e si affrettò a passare, pari pari, il fardello alle Province. Nel momento in cui queste ultime chiesero la verifica della norma finanziaria, che avrebbe dovuto garantire la gestione totale degli immobili, venne fuori la leggerezza e la superficialità dello specifico contento dei decreti. Le Province avrebbero avuto in assegnazione, per l’ordinaria e straordinaria manutenzione delle scuole, le relative somme iscritte nei bilanci dei Comuni. Si effettuarono a tappeto una serie di riscontri che dettero luogo ad un deludente risultato. Nei bilanci dei Comuni non furono rinvenute iscrizioni di somme dedicate alla pur minima manutenzione dei fabbricati. Le Province si ribellarono, opposero resistenza, ma la nostra Regione non mollò di un solo centimetro. A tutti i costi doveva evitare di gestire quella scottante delega. Ebbe inizio una trattativa poco edificante, ne siamo stati testimoni oculari. Per un periodo di tempo vennero effettuate una serie di offerte, come di usa di solito nei mercati all’ingrosso. La Regione propose l’erogazione di un finanziamento rapportato ad ogni alunno. La proposta fu ritenuta inaccettabile, perché alcune scuole avevano una popolazione scolastica di soli cinquanta alunni ed una superficie di oltre duemila metri quadrati. L’idea non fu sostenibile. Tutte le Amministrazioni Provinciali chiesero che il finanziamento venisse correlato alla superficie, oppure al volume dell’edificio scolastico. Neppure questa proposta trovò accoglimento, per cui si giunse a un compromesso per un immediato finanziamento iniziale, per poi trovare la soluzione ottimale per la gestione del nuovo patrimonio scolastico. Soluzione che non è mai arrivata, perché non è stata neppure cercata. Di volta in volta le Province hanno dovuto alzare la voce almeno per ottenere quei pochi spiccioli per far fronte alle spese di riscaldamento, per le pulizie e per quel minimo di manutenzione ordinaria per cercare di rendere decorosa e accettabile la sede scolastica. Non basta. Nelle fasi di passaggio delle competenze, venne a galla la grave situazione della mancata messa in sicurezza degli edifici trasferiti alle Province. Non fu possibile trovarne uno in regola. Da allora è stato un continuo tira e molla tra le Amministrazioni delegate e la Regione, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Eppure, i genitori degli alunni, i dirigenti scolatici, gli insegnanti, i cittadini, puntano l’indice accusatore solamente contro le Province, chiedendo addirittura l’intervento della magistratura. Non è giusto. Bisognerebbe indagare prima di tutto il legislatore che, con assoluta superficialità, assicura in un testo di legge la copertura finanziaria dello stesso provvedimento di legge. Come avete potuto riscontrare, di tutto si può parlare tranne che di disponibilità economiche.

Non basta. C’è ancora qualcosa di più e molto grave che i contribuenti dovrebbero sapere. Erano passati circa dieci mesi dall’attribuzione della predetta delega. Non si era ancora messa in moto la macchina dei reali accertamenti delle condizioni degli edifici scolatici. Non era stata formulata alcuna richiesta di finanziamento per le opere da eseguire, quando, inaspettatamente, giunse una nota dal Ministero del Tesoro di limitare drasticamente le spese per l’edilizia scolastica, perché le Province spendevano troppo. Mai vista una lira fino a quel giorno.

Adesso, però, viene il bello. Le Province, allo stato delle cose, non sono più in grado di “intendere e volere”. Altra riforma virtuale e cervellotica, tanto per offrire lo specchietto delle allodole al cittadino in merito a strombazzate economie che ancora oggi non riusciamo a vedere. Le Amministrazioni locali non hanno alcuna voce in proposito. La soppressione politica delle Province, però, fa tornare in capo alla Regione la competenza, questa volta totale, di tutta l’edilizia scolastica. Con quali fondi l’Ente regionale potrà e dovrà far fronte alla manutenzione di un patrimonio edilizio che fa acqua da tutte le parti? Con gli stessi fondi che la stessa Regione ha erogato alle Province? Una sola cosa è certa. Gli alunni, i dirigenti scolastici, gli insegnanti, i genitori e i cittadini avranno un solo interlocutore con cui dialogare e al quale poter chiedere, con diritto, l’assicurazione della incolumità dei propri figli: la Regione. Staremo a vedere come andranno le cose.