
E’ stata dichiarata ufficialmente la fine del Contributo di Autonoma Sistemazione scelto da molti aquilani nel 2009 come alternativa agli affitti concordati.
Con la disponibilità degli appartamenti nelle varie Newtown, gli aquilani titolari di contratti di affitto si sono visti decurtare il CAS con l’incoraggiamento a spostarsi nei progetto CASE.
Sono un migliaio le persone titolari del contributo, cioè circa 300 famiglie (per fare un conto ottimistico) che attualmente hanno la possibilità di scegliere se continuare a pagare interamente l’affitto o se spostarsi, appunto, in uno degli appartamenti del progetto Case.
I problemi più grandi che queste famiglie aquilane si trovano ad affrontare sono fondamentalemnte due, innanzi tutto, lo stoccaggio dei mobili fino al rientro nelle case di proprietà (cioè se avevano arredato l’appartamento preso in affitto all’indomani del sisma con il proprio mobilio, ora sono costretti a stoccarlo nei depositi fino alla riconsegna dell’appartamento di proprietà).
E poi i tempi… si può fare richiesta di un appartamento del progetto Case, infatti, ma si deve attendere la telefonata dell’incaricato comunale che ne ufficializzi la disponibilità. Dalla comunicazione ufficiale si hanno pochi giorni per traslocare in una delle piattaforme antisismiche.
Come conciliare tutto questo con il preavviso di almeno due mesi dovuto al padrone di casa?
Dall’elenco del 26 febbraio gli alloggi disponibili al CASE sono circa 63 e di questi nessuno a L’Aquila.
Quindi le ipotetiche 237 famiglie senza CAS (300 famiglie che percepiscono il Cas meno 63 alloggi Case disponibili), «coercitivamente obbligate a lasciare l’attuale sistemazione (perchè sono coloro che detengono un contratto di locazione oneroso), VANNO PER STRADA? O devono continuare, problema del preavviso a parte, a pagare l’affitto a proprie spese mentre il comune vaneggia su destinazioni del CASE a campus o altro, come se avesse un surplus di 1000 alloggi!» scrive uno dei tanti lettori esasperati alla redazione del Capoluogo.
«E’ ben conosciuto lo stato di manutenzione degli alloggi CASE attualmente occupati – aggiunge il nostro lettore – e di quelli, balconi compresi, che in tutto o in parte sono stati oggetto di sequestro da parte della magistratura!
A questo punto si deve prendere atto che il CAS non può terminare ed anzi va prorogato nel rispetto delle esigenze dei cittadini che non hanno nessuna colpa se i loro progetti della ricostruzione sono al palo. Allora, che si fissi anche un termine sulla ricostruzione».
«D’altronde ai ladri del CAS – cioè chi ha percepito indebitamente il Cas -, è stata concessa una dignitosa restituzione rateale tenendo conto, come si esprime l’ordinanaza, di peculiari esigenze e stati bisognosi.
Non si comprende lo stato di necessità che si nasconde dietro all’umile e dignitoso silenzio delle persone. Mi hanno laconicamente comunicato, respingendo “sconvolti” anche un attestato medico di “fine salute”, che secondo il crono programma del comune (tradotto: spalmatura dei fondi nel tempo) la ricostruzione della propria casa non è prevista prima di SETTE ANNI. Una sentenza senza appello che tradotta più o meno è: “[i]non rientrerai mai più in casa tua[/i]”».
In sintesi, quindi, coloro che si trovano in affitto percependo il Cas, potranno scegliere se continuare a pagare l’onere mensile o se spostarsi al Case. Nel momento in cui il comune ufficializzerà la disponibilità dell’appartamento queste famiglie avranno pochi giorni di tempo per trasferirsi oppure perderanno la disponibilità del Case. Non avranno nè il margine di preavviso nè il tempo per traslocare i mobili di proprietà.
«Meglio fermarsi qui – conclude il nostro amareggiato lettore -, figuriamoci se i miei mobili interessano a qualcuno, ed anche perché ho rispetto della gente che ne ha passate di molto, molto peggiori…
Se poi le ultime notizie stampa plaudono all’arrivo degli anelati fondi necessari allo sblocco della ricostruzione, come si fa a non capire ed ignorare, dall’altro lato, che l’eliminazione del CAS metterà sulla strada intere famiglie?»