Io vorrei chiamare le cose

25 marzo 2015 | 05:47
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Io vorrei chiamare le cose

di Valter Marcone

Io vorrei chiamare le cose

con il loro nome.

Così un cane è un cane

e un dolore un dolore.

Perché almeno le cose

sono o non sono e faticano

a nascere diversamente. Occorre

scriverle perpetuamente per farle vivere.

Ma poi in queste poesie

osservo il mondo,

e, per esempio, L’Aquila

non è più L’Aquila,

il lavoro non è più lavoro,

la vita non è più vita.

La terra senza dolcezza d’alberi

che ogni giorno attraversiamo

è un miraggio o un’evidenza

e la ragione non sa ancora scegliere.

Sa solo di essere smarrita

e smarrita ne afferra il senso,

il senso di una terra devastata

da un evento appostato

ad una svolta dell’età.

Dell’età mia che sempre più

considera che forse

la mia ora, quando

s’insinua l’inquietudine

e penetra tra il dolore

e la gratitudine,

la mia ora non è passata

quella volta; rimane di essere stato là

dove le cose anche là

non sono state chiamate

con il loro nome.

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