Bagarre comunicativa in Consiglio regionale

30 marzo 2015 | 19:07
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Bagarre comunicativa in Consiglio regionale

Diventa una sorta di ‘[i]casus belli[/i]’ quello tra il consigliere regionale Leandro Bracco e il presidente della massima Assise civica abruzzese Giuseppe Di Pangrazio.

Il primo, stamani, aveva inviato, tramite l’ufficio stampa del Consiglio, una nota nella quale, tra l’altro, definiva «imbarazzante e ingiustificabile l’assenza della Presidenza del Consiglio regionale al ‘Concerto per L’Aquila’». Stando a quanto reso noto da Bracco, Di Pangrazio, appreso quanto accaduto, si sarebbe recato nella sede dell’ufficio stampa pretendendo che il comunicato del consigliere venisse in qualche maniera «reso inoffensivo». Accade così che l’iniziale nota di Bracco dopo poco meno di un’ora non è più presente nella home page del Consiglio regionale «e – afferma il consiglire – al suo posto ne compare un’altra la cui sostanza è a dir poco edulcorata rispetto alla prima».

Il consigliere accusa Di Pangrazio di essersi «reso protagonista di un comportamento arrogante di matrice fasista. Un vero e proprio censore». Ricordando quanto sancito dall’articolo 21 della Costituzione, Bracco, che ha fatto sapere di appoggiare la mozione di sfiducia contro Di Pangrazio, ha anche annunciato di portare il ‘caso’ all’attenzione dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo.

Il presidente dell’organismo di categoria, Stefano Pallotta, appresa intanto la notizia, è subito intervenuto. «La comunicazione istituzionale – ha spiegato Pallotta in una nota – ha un senso e una funzione se non diventa propaganda e i ruoli in tale dinamica devono essere rigorosamente rispettati. Devono essere rispettate l’indipendenza e l’autonomia dei giornalisti dell’ufficio stampa, soprattutto di un’assemblea elettiva; i giornalisti hanno il dovere di rappresentare, anche dialetticamente, quando viene esplicato nell’attività politico-istituzionale, in maniera libera, senza condizionamenti e senza censure. Gli organi istituzionali (in questo caso la presidenza del Consiglio regionale) e, in senso più lato, i politici hanno il diritto di rappresentare, nel modo che ritengono più opportuno, auspicabilmente senza declinare da paradigmi etico-morali, giudizi di valore e posizioni politiche, ma lo devono fare rispettando le prerogative di ciascuno. E’ solo entro tali rigorosi confini – osserva il presidente – che si può ottenere qualità nella comunicazione istituzionale, necessaria ai cittadini per capire e conoscere quello che accade nei palazzi del potere. Invece, quanto avvenuto oggi in Consiglio regionale, relativamente al comunicato stampa del consigliere Leandro Bracco va esattamente nella direzione opposta. Non possono essere i giornalisti a pagare improvvisazioni e approssimazioni che provengono da logiche che di istituzionale e di politico hanno ben poco», commenta infine il presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo.

LA NOTA COMPLETA DI BRACCO

«[i]Ieri mattina, domenica 29 marzo[/i] – si legge nella dura nota di Leandro Bracco, di seguito riportata integralmente – [i]ho preso parte al Quirinale, presso la Cappella Paolina, all’eccezionale concerto dell’orchesta sinfonica abruzzese che aveva come fine quello di ricordare e rendere omaggio alle oltre trecento vittime causate, sei anni fa, dal terrificante terremoto che colpì la citta de L’Aquila. Con mia enorme sorpresa, oltre al sottoscritto, era presente all’evento solamente il vicepresidente della Giunta abruzzese Giovanni Lolli. Degli altri trenta Consiglieri regionali e degli altri sei membri dell’esecutivo nessuna traccia. Stamane ho contattato l’ufficio stampa del Consiglio affinchè venisse redatto un comunicato nel quale si stigmatizzasse soprattutto l’assenza del presidente del Consiglio Giuseppe Di Pangrazio che, oltre a non essere presente, non aveva avuto neanche il buon senso di delegare, in rappresentanza dell’Ufficio di Presidenza, alcun membro dell’Ufficio di Presidenza stesso composto, ricordo, dai vicepresidenti Paolo Gatti e Lucrezio Paolini e dai Consiglieri segretari Giorgio D’Ignazio e Alessio Monaco. Il comunicato stampa viene redatto e pubblicato sulla home page del Consiglio regionale intorno alle ore 11:40. Dopo pochi minuti, appresa la notizia, il Presidente del Consiglio Giuseppe Di Pangrazio, dal quinto piano del palazzo dell’Emiciclo dove si trovano gli uffici riservati a se stesso e ai suoi collaboratori, si fionda al piano -1 (sede dell’ufficio stampa) per pretendere che il mio comunicato stampa venisse in qualche maniera reso inoffensivo. Pretesa condita da urla e toni accesi e spigolosi. Intorno alle ore 12:30 la sorpresa. Il mio comunicato stampa non è più presente e, al suo posto, ne compare un altro la cui sostanza è a dir poco edulcorata rispetto alla prima versione. Per dimostrare la veridicità di quanto affermo, basta andare sul mio profilo Fb e constatare che cliccando sul link del primo comunicato stampa compare la dicitura “Pagina non trovata”. Giuseppe Di Pangrazio si è reso protagonista di un comportamento arrogante di matrice fascista. Un vero e proprio censore. Invece di chiedere scusa per la sua ingiustificabile assenza nell’ambito di un evento al quale ha preso addirittura parte il Capo dello Stato Sergio Mattarella, ha preferito armarsi di ago e filo per cucire la bocca di quelle persone che, come il sottoscritto, hanno condannato senza se e senza ma la sua vergognosa assenza al Quirinale.

Per non parlare poi dell’avere aggiunto per l’ennesima volta un tassello al puzzle che si potrebbe tranquillamente intitolare: “L’inadeguatezza di Giuseppe Di Pangrazio”. Inadeguatezza che, dal 30 giugno scorso, ha preso forma in molteplici occasioni durante le quali ha dimostrato di non essere all’altezza del prestigioso ruolo che ricopre, prevalentemente per il fatto di non essere un garante dell’Assemblea regionale e di conoscerne parzialmente il regolamento. In definitiva, di non essere super partes. Punti nascita e Powercrop docet. Ricordo allo “smemorato di Avezzano” che il primo comma dell’articolo 21 della Costituzione afferma: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E il comma 2: “La stampa non puo’ essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Alla luce di quanto accaduto appoggerò con fermezza la mozione di sfiducia che ha come fine quello di far alzare dalla poltrona della Presidenza del Consiglio il censore Di Pangrazio nella speranza che oltre ai tredici membri delle minoranze, la mozione di sfiducia stessa possa essere appoggiata anche da almeno tre componenti la maggioranza consiliare in modo tale da raggiungere la maggioranza assoluta in Consiglio. Concludo affermando inoltre che porterò il caso della censura da me subìta all’attenzione dell’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo per comprendere i motivi che hanno portato un dipendente del Consiglio regionale (dipendente pubblico e quindi pagato con il denaro della collettività) a piegare la testa e dunque cedere all’arroganza del potere politico oltre al fatto, ovviamente, di pretendere che vengano presi tutti i provvedimenti del caso a scapito di quella persona che ha letteralmente considerato carta straccia la deontologia del giornalista[/i]».