
La Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato la sentenza di assoluzione in primo grado per il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, e altri 17 imputati nel processo “Housework” per presunte tangenti in appalti al Comune di Pescara, fatti relativi al periodo in cui il governatore era sindaco del capoluogo adriatico.
INSUFFICIENZA DI PROVE – Assoluzione per insufficienza di prove. Questa la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila, confermata verbalmente dal collegio, dopo le due ore e mezzo di camera di consiglio dell’ultima udienza nel processo “Housework”. In primo grado gli imputati (24) erano stati assolti con la formula piena o con quella della contraddittorietà o insufficienza di prove. L’Appello ha parzialmente riformato la formula dell’assoluzione.
In appello gli imputati sono divenuti 18, quelli che il pm Gennaro Varone ha inserito nel ricorso, accusati a vario titolo di reati quali associazione per delinquere, corruzione, concussione, tentata concussione, abuso, peculato, truffa, falso, appropriazione indebita.
Come si legge nel dispositivo della sentenza di appello, il collegio giudicante, presieduto dal magistrato Antonio Luigi Catelli, su questo aspetto ha riformato la sentenza unificando il motivo nell’insufficienza di prove.
Nella «parziale riforma della sentenza di primo grado dell’11 febbraio 2013» ci sono solo aspetti formali: infatti, il pronunciamento nella sostanza conferma il verdetto di primo grado, assolvendo tutti gli imputati considerato anche quella del dirigente del Comune di Pescara Guido Dezio, all’epoca dei fatti braccio destro di D’Alfonso, per il quale il pg Ettore Picardi aveva aveva chiesto due anni e sei mesi.
Nel dispositivo si cambia la qualificazione del reato della concussione in conseguenza della legge Severino che lo ha spacchettato in «concussione per costrizione» o «per induzione»: in questo caso, i giudici di appello chiariscono che il reato dal quale sono stati assolti è «per induzione».
Nel dispositivo si legge, inoltre, che la sentenza «conferma nel resto», con riferimento, come emerge da fonti della Corte d’Appello, alle prescrizioni e alle confische. Si rimanda al 30 maggio prossimo per il deposito delle motivazioni.
LE REAZIONI
D’ALFONSO: «GRAZIE AI GIUDICI» – «Ringrazio la magistratura per aver sottoposto a scrupolosa validazione e approvato il mio operato da sindaco di Pescara. Resta il rammarico per l’interruzione di un percorso amministrativo riconosciuto a tutti i livelli e che stava dando frutti preziosi per la città». Lo ha detto il presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, appena avuta notizia dell’assoluzione in Appello nel processo ‘Housework’ per tangenti in appalti al Comune di Pescara quando era sindaco del capoluogo adriatico.
ASSOLTO DEZIO, FINITO INCUBO DURATO 7 ANNI – «È finito un incubo durato sette anni molto pesanti, pieni di sofferenza per una vicenda che ha radici antiche, gioisco per aver riconquistato la piena libertà». Così Guido Dezio, oggi dirigente del Comune di Pescara, all’epoca dei fatti braccio destro dell’allora sindaco Luciano D’Alfonso, commenta l’assoluzione in Appello nel processo “Housework” su presunte tangenti in appalti pubblici.
Per Dezio, e solo per lui, il sostituto procuratore Ettore Picardi aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado – assoluzione – e la condanna a 2 anni e 6 mesi di reclusione. «Non mi sono fatto domande sulla richiesta del pg – ha detto ancora – Come in primo grado ho sempre sostenuto di credere nelle istituzioni e nella magistratura, alla fine la verità viene a galla, ho sempre detto che chi non fa nulla di male, nulla si deve aspettare. Cosa dirò a D’Alfonso? Che è finita dopo anni di sofferenze».