Babymodelle: bambine cresciute troppo in fretta

10 aprile 2015 | 12:01
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Babymodelle: bambine cresciute troppo in fretta

di Marzia Ponzi

Hanno spopolato sul web i discutibili scatti della fotografa Tricia Messeroux che immortala bambini travestiti da star dello showbiz mentre sfilano sui red carpet ed oggi ci arriva, puntuale come un orologio svizzero, la polemica innescata dalla regista Chiara Brambilla. L’autrice dello scandaloso “Divine”, documentario che svela i retroscena di vita di tre baby modelle, torna a scrivere sul suo blog de Il Fatto Quotidiano. Lo fa raccontando, con crude parole e immagini volutamente non montate il vero volto di Pitti Immagine Bimbo, la fiera moda dedicata all’infanzia più importante d’Italia. Ed è subito polemica.

Poteva lasciar parlare le immagini, come ha fatto già in passato ed invece sceglie di mettere nero su bianco (anche se virtualmente) ogni singolo episodio, spettacolo o defilè che ha visto e filmato girovagando per quella che lei stessa definisce come “La fabbrica delle bambole”.

E non usa mezze misure.

Punta il dito dritto contro tutto il sistema che usa il “prodotto bambino” a proprio consumo, stravolgendo, deformando, distruggendo il suo ingenuo mondo di giochi e caramelle trasformandolo in una vetrina di messaggi che da subliminali si fanno via via sempre più comprensibili e nitidi. Il bimbo deve pensare, agire e parlare come un adulto, o ancor meglio come un’adolescente perché è quella l’età del maggior desiderio e il bimbo deve desiderare e sentirsi desiderabile, perché “il desiderio, si sa, è la materia principale, del mondo dei consumi”.

Per la regista è tutto una questione di numeri “il settore della moda bimbi fattura una media annuale di 2,6 miliardi di Euro (è uno dei pochi settori che non ha quasi risentito della crisi economica)” e quindi va assolutamente spremuto. Le aziende, vogliono continuare a crescere e se per questo bisogna “adultizzare” i bambini, allora lo si fa.

Gli stand, descritti generosamente dalla Brambilla sono un’esplosione di segni estetici distintivi dell’età adulta, in cui il bambino funge da mero manichino, estraneo ed inconsapevole a volte, attivo e soddisfatto molte altre. E sono queste altre a preoccupare, perchè lì la metamorfosi è già avvenuta e i bambini non si sentono più tali, non vogliono giocare ma sfilare e farsi fotografare, assuefatti ed assorbiti dalla voracità e dall’ambizione dei grandi, che l’hanno riversata su di loro. E se i bambini non si sentono più tali e non vengono più riconosciuti come tali è un problema grandissimo, che conclude “riguarda tutti noi”.

Ed in questo ha perfettamente ragione.