Arrampicata, l’uomo di resina aquilano si racconta

Abbiamo intervistato un “Guru” dell’arrampicata sportiva abruzzese: Roberto Cantalini, istruttore della F.A.S.I. dal 1998.
L’aquilano è stato uno dei pionieri dell’arrampicata artificiale in Italia e un innovatore nei metodi di insegnamento di questa disciplina. Negli ultimi quindici anni, ha cresciuto e portato al successo sportivo quelli che ora sono i più forti arrampicatori abruzzesi.

Qualcuno ti chiama “l’uomo di resina” puoi spiegarci il perché?

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In realtà pochi mi chiamano così, il soprannome mi è stato dato da un caro amico, una Guida Alpina che ora non c’è più. E’ semplicemente legato al fatto che le più importanti scuole di arrampicata abruzzesi sono state create da me e le palestre di climbing sono fatte di appigli artificiali e volumi simil-roccia in resina.

La prima addirittura nel 1987, è vero?

Si, la prima palestra di arrampicata a L’Aquila e una delle prime al mondo, la costruimmo io e l’amico Paolo Vaccarelli all’interno del palazzetto del Basket a Piazza D’Armi la chiamammo “El Cap” abbreviazione di El Capitain, una delle montagne più famose per i climbers di tutto il mondo, situata in California nel parco di Yosemite. La palestra esiste tuttora ma all’interno dei campi sportivi del Centi Colella, gestita da bravissimi scalatori.

E poi?

Poi mi sono appassionato alle competizioni e a trovare nuovi sistemi di allenamento per l’arrampicata. Ho creato un metodo preso in prestito dall’atletica leggera, (Roberto è stato, infatti, un buon mezzofondista nei primi anni 80 e campione italiano C.S.I. sugli 800 metri, ndr) e l’ho “testato” sul mio primo allievo, Angelo Colaiuda, detto “Il Grinta”.

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E ha funzionato?

Fino a quel momento i metodi di allenamento per l’arrampicata sportiva erano francamente ridicoli e privi di fondamento scientifico, c’era la sfida a chi faceva più trazioni alla sbarra, l’obiettivo era arrivare a 100. Il risultato erano tendiniti dolorosissime ai gomiti. Se ha funzionato? Debbo dire di si, visto che “Il Grinta” in un anno passò dal 7a al 8a (i gradi, nell’alpinismo, si misurano con una scala alla francese ed ora si è arrivati a salire pareti gradate 9b, ndr) ed ora è ai vertici delle difficoltà in arrampicata ed è stato il primo abruzzese a salire un 8c+.

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Poi sei passato ad allenare gli atleti del Gollum Climbing Center?

Dal 2003 e fino al terremoto, ho avuto la fortuna di crescere un bellissimo gruppo di ragazzi, di allenarli e portarli a 2 titoli italiani giovanili. Ora, alcuni di loro (che gareggiano per altre società), sono ai vertici delle competizioni nazionali ed internazionali, Damiano Capulli ed Elias Iagnemma su tutti.

Ora sono il responsabile del settore arrampicata per Sport Academy Le Naiadi a Pescara, una delle più grandi associazioni sportive multidisciplinari d’Italia, con un presidente giovanissimo (Antonio Pagliaro) che ha saputo riunire sotto un unico nome tante discipline: il Nuoto, il Karate, il Calcio a 5, il Jùdo e appunto l’arrampicata, potendo fruire dei migliori istruttori di settore.

Quanti iscritti ha questa associazione?

Oltre cinquecento giovani atleti (tra tutte le specialità) in costante aumento.

Come ti trovi a Pescara?

Francamente sono a “Le Naiadi” uno dei Centri Sportivi più importanti d’Italia, posso contare su una bellissima struttura d’arrampicata con tanto spazio anche all’aperto, quindi non posso dire che bene. D’altronde dopo il terremoto ho dovuto fare della mia passione un lavoro. La mia è stata una scelta obbligata ma qui la mia professionalità è ripagata, non tanto economicamente, quanto dalla cordialità e dal sorriso di tutti quelli che fanno sport e stare a contatto con il sorriso credo valga più di qualsiasi cosa.

Un consiglio a chi si vuole avvicinare a questo sport?

Ora l’arrampicata è riconosciuta dal CONI e dal CIO (Comitato Olimpico), si svolgono gare per ogni età e livello. L’importante è non dimenticare che questa attività è figlia dell’alpinismo e quindi è una disciplina anche interiore, un collegamento dell’essere con la natura. Spesso si incorre nell’errore di guardare al grado ed alla prestazione, dimenticando che l’arrampicata è soprattutto una sfida con se stessi è il superare i propri limiti fisici e psicologici è il rispetto per la montagna e per il maestro.

Dicono che sei un insegnante “severo”?

No, sono semplicemente diretto, d’altronde l’arrampicata è l’attività che forse più di altri sport richiede impegno concentrazione e attenzione. La mia “severità” se così vuoi definirla costringe l’allievo ad essere non solo eccellente nella tecnica ma a saper trasmettere ad altri il senso di questa disciplina. C’è infatti chi, pur essendo istruttore, riesce a trasmettere solo competizione, spogliando l’attività di tutti i significati profondi e l’arrampicata non è fatta solo di gradi e trazioni alla sbarra…

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I tuoi miti?

Potrei fare molti nomi, comunque Patrick Berhault e Patrick Edlinger su tutti. La danza verticale che riuscivano ad esprimere in parete originò quella “metamorfosi” che è tuttora in atto nell’arrampicata moderna.

Mi hai fatto nomi stranieri, qualche “local”?

Anche qui dovrei fare molti nomi, ne faccio solo uno: Tony Caporale, perché vedendolo scalare per la prima volta (metà anni ottanta),mi fece capire che l’arrampicata poteva essere davvero elegante e senza peso.

I tuoi allievi preferiti?

Sicuramente i bambini, nella nostra scuola Sport Academy le Naiadi, si comincia ad insegnare la verticalità con giochi di equilibrio in parete già dai 4 anni. I piccoli climbers hanno capacità di apprendimento incredibili e la gioia e l’innocenza negli sguardi. Cose che perdiamo con l’età.

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