
di Claudia Giannone
Gli imputati per il crollo della [i]”Casa dello Studente”[/i] si trovano nuovamente dinanzi al giudice, per il secondo grado di giudizio della controversa questione del capoluogo abruzzese: lo stabile nel quale morirono otto giovani studenti, Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Francesco Esposito, Hussein “Michelone” Hamade e Alessio Di Simone, torna adesso al centro dell’attenzione, presso la Corte d’Appello dell’Aquila.
Chiesta dal procuratore generale Alberto Sgambati la conferma della sentenza: Giuseppe Grieco, giudice di primo grado, aveva condannato Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro discussi, a quattro anni di reclusione, comprendendo poi anche Pietro Sebastiani, tecnico dell’azienda per il diritto agli studi universitari. Diversa la pena per lui: due anni e sei mesi di reclusione. Assolti altri quattro imputati perché «il fatto non sussiste», mentre per altri due è stato deciso per il «non luogo a procedere».
La sfida tra accusa e difesa continua: l’ulteriore indebolimento della struttura portato avanti dall’accusa attraverso il lavoro degli imputati contro la mancanza di un vero e proprio rinnovo degli elementi edilizi nello stesso. Questa, infatti, la certezza portata avanti dagli avvocati della difesa: non sarebbero stati attuati cambiamenti decisivi per la stabilità dell’edificio, che già di per sé presentava vizi costruttivi all’epoca della sua edificazione.
Messi in atto, come afferma la difesa, solo interventi di «restauro e risanamento conservativo»: nessuna ristrutturazione volta a contemplare il cambiamento della statica dello stesso stabile nell’ottica di un risanamento edilizio. Lavori specifici nelle strutture portanti sarebbero stati, dunque, assenti nei lavori avviati nel 1999 e terminati nel 2001 e, nel suddetto caso, avrebbero avuto bisogno di un autonomo percorso normativo: la mancanza di interventi veri e propri sulle strutture e di un nesso tra la classe degli interventi effettuati e l’obbligatorietà di un collaudo statico sarebbe la motivazione maggiore degli avvocati per portare all’assoluzione dei propri assistiti.
E ancora, la difesa propone quelle che sarebbero state le vere operazioni portate avanti nel corso dei lavori: modifiche degli interni e degli infissi, spostamenti dei tramezzi, creazione di stanze per dormire, aumento di un bagno per ogni piano come previsto dalla legge e installazione di impianti per l’aria condizionata. Mai, secondo gli avvocati, sarebbero stati toccati pilastri, travi o solai. Un intervento, per loro, che non avrebbe afferito alle strutture.
Martedì 28 aprile, alle ore 9.30, il seguito dell’udienza: si dovrà attendere ancora per conoscere la decisione della Corte d’Appello.