Primo Maggio nel ricordo di Ignazio Silone

1 maggio 2015 | 09:46
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Primo Maggio nel ricordo di Ignazio Silone

A 115 anni dalla nascita dello scrittore abruzzese Ignazio Silone l’archivio storico della Congregazione orionina propone la sua testimonianza in occasione del processo di beatificazione di Don Luigi Orione il 10 novembre 1964.

Silone ebbe un rapporto speciale con il santo tortonese, che conobbe come orfanello già nei primi drammatici giorni dopo il terremoto della Marsica, perché accorso tra i primi sulle macerie di Avezzano e di Pescina dei Marsi.

E’ noto che fu Don Orione a prendersi cura di Secondino e del fratello Romolo, facendo loro da padre e ospitandoli nei suoi collegi di Sanremo e Reggio Calabria, dando loro il modo di ultimare gli studi liceali. A distanza di quarant’anni, Silone immortalò il suo incontro con Don Orione nel famoso capitolo “[i]Incontro con uno strano prete[/i]” del suo libro “[i]Uscita di sicurezza[/i]” (1965).

E’ certa l’influenza di San Luigi Orione su Silone, non solo nella formazione giovanile, ma anche nelle sue opere. Don Orione, “[i]il sacerdote non conformista[/i]”, fu da Silone descritto non solo nel famoso capitolo “[i]Incontro con uno strano prete[/i]” di “[i]Uscita di sicurezza[/i]”, ma anche in Don Benedetto di “[i]Vino e pane[/i]”, in Don Nicola di “[i]Una manciata di more[/i]” e in Don Serafino de “[i]Il segreto di Luca[/i]”. Infatti Don Orione incarna quell’archetipo religioso che sempre affascinò Silone e che lo rese inquieto ed errante ricercatore di verità e di giustizia , “[i]cristiano senza Chiesa e socialista senza partito[/i]”, come più volte si autodefinì.

Silone al processo di beatificazione racconta uno degli episodi più belli della vita di San Luigi Orione:

“[i]Lo vidi fuggevolmente dopo il terremoto della Marsica, nel 1915. Ricordo, per essere stato presente, che don Orione aveva raccolto un gruppo di bambini scampati al disastro e privi di famiglia. Don Orione era in attesa di poterli trasportare a Roma, ma la linea ferroviaria era interrotta e per giungere alla prima stazione bisognava percorrere ancora una quarantina di chilometri.

Sul luogo si trovava già il re con le autorità del seguito e le loro macchine erano ferme. Don Orione cominciò a far salire i bambini su alcune macchine, per raggiungere la stazione. I carabinieri di guardia si opponevano, ma don Orione sembrava non badare e continuava nelle sue operazioni di carico. Frattanto giungeva il re con il suo seguito per riprendere posto sulle macchine. Don Orione si presentò rispettosamente a lui e gli espose il motivo per cui faceva salire sulle macchine i piccoli orfani. Il re accolse il desiderio di don Orione e diede il suo consenso al trasporto dei piccoli orfani. Don Orione salì con essi sul primo treno e li accompagnò a Roma alla Casa di Sant’Anna dei Palafrenieri[/i]”.

Ancora Silone al processo di beatificazione:

“[i]Solo nel 1916, come ho riferito, posso dire di aver conosciuto don Orione. In quell’anno, per terminare gli studi ginnasiali, ero stato messo in un collegio diretto da zelanti religiosi. Un po’ prima di Natale, senza alcun motivo plausibile, fuggii dal collegio. Presi alloggio in una soffitta di un piccolo albergo, vicino alla stazione. Vi rimasi tre giorni e passai il tempo a vedere arrivare e partire i treni. Intanto la mia assenza dal collegio fu segnalata alla questura e il terzo giorno fui prelevato da un poliziotto e ricondotto in collegio, in attesa di una risposta di mia nonna, cui spettava, in qualità di tutore, di decidere del mio avvenire. La risposta della nonna non tardò molto e mi portò la notizia che un certo don Orione era disposto a prendermi in un suo collegio.

Era stato fissato l’incontro, tramite il mio direttore, alla stazione centrale di Roma, ove, al giorno e al punto stabilito, trovai un prete sconosciuto, non quello da me visto l’anno prima tra le macerie del mio paese ed io pensai che don Orione fosse stato impedito di venire. Egli si caricò le mie valigie e fagotti e prendemmo il treno.

Dovendo viaggiare tutta la notte, a un certo punto, mi chiese se avessi portato con me qualcosa da leggere e se desideravo un giornale e quale. L’Avanti, io risposi. Era difficile immaginare una richiesta più impertinente da parte di un collegiale. Ma, senza scomporsi, quel prete scese dal treno e poco dopo riapparve e mi porse il giornale.

«Ma perché» gli chiesi «don Orione non è venuto?». «Sono io, don Orione!» egli mi disse. «Scusami se non mi sono presentato». Rimasi assai male a quella inattesa rivelazione. Nascosi subito il giornale e balbettai alcune scuse per la mia presunzione di poc’anzi e per avergli lasciato portare le valigie.

Egli sorrise e mi confidò la sua felicità di poter talvolta portare le valigie. Adoperò anzi un’immagine che mi piacque enormemente e mi commosse: «Portare le valigie come un asinello» e mi confessò: «La mia vocazione – è un segreto che voglio rivelarti – sarebbe poter vivere come un autentico asino di Dio, come un autentico asino della Divina Provvidenza»[/i]”.

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