Crollo via Persichetti, «il fatto non sussiste»

8 maggio 2015 | 20:36
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Crollo via Persichetti, «il fatto non sussiste»

Si va verso un appello presentato dalle parti civili nel processo per il crollo del palazzo di via Persichetti causato dal sisma del 6 aprile 2009 che costò la vita a due persone, dopo che ieri il giudice unico del tribunale dell’Aquila, Guendalina Buccella, ha assolto con formula piena Francesco Zaccagno e Maria Linda Zaccagno «perché il fatto non sussiste».

«Siamo basiti e fortemente scossi dall’imprevisto risultato dell’ultima udienza, da questa decisione così inattesa – dichiara Angelica Vicentini, che nel crollo ha perso la madre – per il futuro attendiamo le motivazioni della sentenza e ci riserviamo il tempo utile e necessario per elaborare i prossimi sviluppi».

La novità dell’ultima udienza è stata che lo stesso pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Fabio Picuti, ha chiesto che i due imputati, titolari della ditta che negli anni ’90 fece i restauri al palazzo, fossero scagionati. Gli imputati Francesco e Maria Lidia Zaccagno erano rispettivamente rappresentante della ditta che fece i restauri nel 1985 e committente dell’opera. Nel crollo del palazzo morirono Erminda Monti Vicentini, madre di Angelica, e Amelio Zaccagno, padre dell’imputato.

Gli imputati erano difesi dagli avvocati Roberto Madama del Foro dell’Aquila e Antonio Milo del Foro di Avezzano mentre il legale di parte civile è Carlo Ghizzoni. «È stata fatta realmente giustizia perché gli imputati erano estranei ai fatti – dichiara l’avvocato Milo – il padre del mio assistito, in particolare, è morto nel crollo, anche noi siamo portatori di dolore».

Insoddisfatta della sentenza, invece, la parte civile Vicentini. «Dopo 4 anni di accuse continue e sostenute e una pausa di 2 anni per l’incidente probatorio, all’ultima udienza c’è stato un cambio di atteggiamento e non abbiamo neanche potuto riflettere sulla strategia», fa notare. Il riferimento è alla decisione del pm Picuti, che chiese e ottenne il rinvio a giudizio dei sospettati, ma che ha fatto marcia indietro sulla scorta delle valutazioni peritali scaturite nel dibattimento.

Non ci sarebbe infatti nesso di causalità tra il crollo e i lavori di ristrutturazione. Ad incidere nella richiesta assolutoria del pm e quindi nel convincimento del giudice, la perizia dell’ingegnere Andrea Cinuzzi, consulente della difesa che aveva affermato che la nuova copertura del solaio, che da lignea divenne di cemento, non aveva appesantito la struttura e dunque questo lavoro non ebbe alcuna incidenza sulla tragedia.