
di Claudia Giannone
È per le strade del centro storico, nel corso di un sabato sera diverso da tutti gli altri, che con i suoi amici Alpini di Catania cammina Massimo, quarantasei anni, proveniente al contrario da Biella. Non si tratta di un Alpino, ma di un semplice uomo che da qualche anno ama seguire i propri compagni in questo appuntamento.
Massimo non era presente sei anni fa, quando gli Alpini giunsero nella città dell’Aquila nell’immediato post sisma per portare un aiuto e un sorriso. Arrivarono tra i primi, con la propria forza di volontà ed il proprio senso del dovere e della solidarietà, armati di molto coraggio per avventurarsi tra le vie del centro ed i palazzi che facevano fatica a restare in piedi.
“La prima volta in cui incontrai degli aquilani dopo il sisma – ha affermato Massimo – fu nell’Adunata di Latina del maggio 2009: era passato solo un mese dalla tragedia che aveva colpito la città, ma loro erano lì per rappresentare la loro amata L’Aquila. Fu un momento di commozione per tutti noi, non riuscivamo a trattenerci”.
Massimo non aveva mai visitato L’Aquila, prima di quest’anno, ma la cultura non si basa soltanto su ciò che si vede, girando il mondo: le bellezze del capoluogo abruzzese sono conosciute da tutti, i monumenti e le grandi opere presenti in città erano ben noti da prima del sisma, anche se molte persone hanno deciso di visitarla solo in seguito al tragico evento.
“Avete una bellissima città: ha una storia fondamentale a livello non solo regionale, ma nazionale e i monumenti che si trovano qui sono unici. Ho avuto modo di vedere poco, in questi giorni, ma di certo non c’è bisogno di visitare tutto per capire l’importanza della cultura in questa città”.
“Purtroppo – ha aggiunto – in questi anni si è diffusa la ‘cultura delle macerie’ che voi conoscete molto bene: le persone sono più interessate nel fotografare la Casa dello Studente crollata con il sisma, piuttosto che una chiesa rimasta in piedi nonostante le scosse. È triste vedere che la situazione qui è sempre la stessa: toccare con mano questo scenario è tutta un’altra cosa”.
Grande la differenza tra il messaggio filtrato dai mezzi di comunicazione e la realtà: nel nord Italia, infatti, secondo la sua testimonianza, tutti sono convinti del fatto che i lavori siano andati avanti senza problemi e che il capoluogo sia ormai quasi totalmente ricostruito. Ma la verità, come tutti gli Alpini in questi giorni hanno avuto modo di vedere, è tutt’altra.
“L’immagine che hanno fatto passare è che L’Aquila ormai sia quasi del tutto ricostruita: hanno alimentato questa idea e solo nell’anniversario del 6 aprile parlano della vostra città. Venendo qui, ci siamo resi conto della vera situazione: vediamo ancora palazzi distrutti, non sappiamo effettivamente quanto altro durerà”.
Molte le domande da parte dell’uomo sull’ambiente: grande la curiosità per quanto riguarda le abitazioni nel centro storico, il Progetto C.a.s.e, la vita dei giovani e le abitudini di tutti i cittadini. Forse perché, in una qualsiasi città, non è possibile comprendere cosa significhi essere buttati giù dal proprio letto e sbalzati via dalla vita di tutti i giorni.
“Ci dispiace davvero – ha concluso – per ciò che vi è accaduto: nessuno merita di soffrire in questo modo, in particolare delle persone come voi. Potrete anche sembrare un po’ chiusi inizialmente, ma quando riuscite ad aprirvi con le persone sapete davvero dare tutto. Potrà sembrare banale da dire, ma sappiate che non siete soli: l’Italia intera è con voi”.