
di Valter Marcone
Un’aria di vetro come vibrasse dentro una gemma
imbriglia porose montagne gialle e marrone
nel tentativo di disegnare un paesaggio
di argilla da stemperare al sole del mattino
confondendo il tradimento del buio
che non è riuscito a reintegrare il mondo
nella simmetria allungata e appiattita
degli sguardi degli uomini appena svegli:
liturgicamente riaccosto le membrane
dei colori, dei suoni, degli odori
del mondo di ieri per un puzzle
gigante che mi prende tutto l’orizzonte
senza possibilità di andare oltre;
mi fermo e indago in silenzio
sugli inenarrabili intrighi ritmici
d’un mondo ricomparso all’improvviso
e d’un tratto nella testa tutto mi va in pezzi
con ferocia, con dolore, con lamenti di morte,
mi stringo tra le braccia lo scoppio
del sole fino alle profondità inaudite
dell’universo
e sento disfarsi di nuovo il mio uomo di ieri
tra i salti d’ottava d’una estensione
melodica martellata dai timbri
possenti d’un battito di cuore.
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