
di Raffaella De Nicola
E’ ancora possibile vederla, lì in fondo, l’ombra del Fucino, il grande lago prosciugato alla fine del 1800 con una delle più grandiose opere di ingegneria idraulica dopo il canale di Suez. Sono i grandi viaggiatori stranieri a descrivere il paesaggio che da lacustre divenne grano, le tane dei pesci trasformate in coltivazioni di tuberi, le barche lasciate al di fuori delle stalle per inforcare vanghe nella incredibile mutazione che vide i pescatori diventare contadini.
E’ il Grand Tour dei giovani aristocratici europei a soffermarsi sull’ “[i]orrore o soddisfazione[/i]” di questo bacino lacustre che ancora oggi nelle giornate nebbiose ci regala la visione dell’acqua dal Castello Piccolomini, sede del Museo Nazionale di Arte Sacra di Celano, a guardia ora della vastità dei campi che hanno restituito i tesori archeologici visitabili nella collezione Torlonia.
Il principe, “[i]padrone della terra[/i]”, volle il prosciugamento e collocò, come totem sacrali, statue di Madonne in ghisa a segnare i limiti del lago e della proprietà in una comunità “[i]di poveri cristiani[/i]”, i cafoni siloniani, che di fronte al Sacro non avrebbero osato appropriarsi di zolle di terra e consegnavano la propria povertà alla ritualità religiosa, ai piedi di una Madonna in trono con Bambino, o una croce processionale, o una casula in tessuto, in cerca di consolazione.
Ora il Grand Tour è di Intesa San Paolo e prosegue un percorso iniziato nel 1989, individuando con le Soprintendenze del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo i beni da accompagnare per un recupero “a vista”, trasparente e condivisibile, che porterà nelle indagini nuove conoscenze e una successiva restituzione al territorio che in quelle opere si specchia.
Sono tornati qui, in Abruzzo, mercoledì 27 maggio, al Museo di Celano, i responsabili del progetto, e hanno presentato, insieme al Direttore del Polo Museale dell’Abruzzo Lucia Arbace, i tre beni, appunto la Madonna in trono, la casula e la croce processionale, che hanno spalmato dalla fine del XII secolo sino al XVII il loro potere apotropaico e che andranno alla mostra “Restituzioni. Tesori d’arte restaurati” di Milano, nel 2016, insieme agli altri 140 manufatti di questa edizione.
Un mecenatismo culturale, quello di Banca Intesa San Paolo, che offre un fondamentale strumento integrativo dei finanziamenti pubblici e che, al di là della tutela e valorizzazione, avvicina le banche a quelle comunità che ancora oggi pregano, in una continuità gestuale, inginocchiate davanti i segni cultuali, cercano risposte e attendono il ritorno dei loro simboli sacri in una contemporaneità che ricompatta trame dileguate di una memoria comune.
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