Vittorio Casale, un alpino d’altri tempi

30 maggio 2015 | 19:31
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Vittorio Casale, un alpino d’altri tempi

La storia di Vittorio Casale colpisce al cuore per più motivi. Il primo è legato alla storia

recente: la storia di un uomo di 94 anni – portati, inutile dirlo, con splendida baldanza – che non ha potuto dimenticare la propria incrollabile fede nel suo corpo d’arma, quello degli alpini, al punto di

non aver saputo fare a meno di sobbarcarsi, alla sua età, un viaggio di migliaia di chilometri sin dall’Australia pur di partecipare alla recente riunione de L’Aquila.

È la storia di un uomo emigrato nel lontano 1955 da San Valentino in Abruzzo Citeriore alla volta di una

terra lontana e sconosciuta, lasciando a casa moglie e figli senza avere la minima idea di cosa sarebbe accaduto di se stesso e dei suoi famigliari.

«Appena dopo il mio arrivo, dopo essermi sobbarcato un mese

di viaggio in nave, già non vedevo l’ora di andarmene e tornare a casa,tali e tante le sofferenze legate alle difficoltà di ambientamento, sul lavoro e le iniquità sociali che ho dovuto sopportare. Io avevo una

esperienza di contadino che lavora la terra, non ero mica abituato a spaccare le pietre…», racconta oggi Vittorio, «sono nato in un quartiere agricolo di San Valentino, Brecciarola (oggi “Le Macchie”), li sono tornato anche dopo la guerra a fare ciò che mio padre ha sempre

fatto: il contadino. Alla fine me ne sono dovuto andare per forza perché da noi, come in molte zone del centro sud Italia, non c’era proprio niente da fare e dunque alla fine ho preferito masticare amaro in terra straniera e andare avanti piuttosto che tornare indietro

sapendo di non avere nulla».

Il secondo motivo è la struggente storia

legata alla sua esperienza di combattente. A vent’anni, dopo un periodo iniziale di apprendistato e di successivo insegnamento alle reclute a Sulmona prima ed in Friuli poi, Vittorio si è trovato catapultato nella carneficina della guerra in Russia, dove, sulle rive del Don, ha visto

la morte in faccia in combattimento prima e a causa del gelo dopo. «Sono stato salvato da un mio commilitone, Remigio Ficca, un nome che mai dimenticherò, abruzzese come me, che mi ha trascinato di peso quando, con le gambe che non si muovevano più in alcun modo ed in pieno

processo di congelamento, stavo per rinunciare definitivamente alla mia stessa vita se non fossi stato preso di peso da Remigio che mi ha cercato in mezzo alla neve, mi ha sollevato da terra e mi ha buttato nel

camion che evacuava i superstiti salvandomi la vita».

A distanza di decenni nei quali ha cercato di rintracciare il commilitone senza esito, pochi anni fa, grazie ad un tentativo fatto quasi per caso dalla nipote

su Facebook, Vittorio è riuscito a rintracciarlo, riuscendo anche, dopo il primo colloquio tra le lacrime, ad instaurare un rapporto epistolare durato fino alla morte di Remigio poco tempo addietro. Oggi Vittorio

vive, anche grazie a Remigio, la sua vita di splendido 95enne, con i suoi tre figli, i sei nipoti e undici pronipoti. Si appresta a ripartire per l’Australia e noi suoi conterranei lo attendiamo a braccia aperte di

nuovo tra qualche anno, quando tornerà per l’ottava volta in Italia da quando in quel lontano ’55 ci lasciò per fare lo spaccapietre in una terra lontana e (all’epoca) inospitale.