
di Alfredo Vernacotola
Il dado è tratto.
Il voto in Grecia ha sancito – a mio avviso – la fine del sogno europeo lasciando spazio alla deriva populista fomentata dal rigore delle regole economiche indicate dall’Europa germanizzata.
Mentre scrivo apprendo delle dimissioni del Ministro dell’Economia greco Varoufakis, unico concreto vincitore di una consultazione ove la schiacciante vittoria del No ha sancito il rispetto delle fondamentali regole della democrazia: in una repubblica chi ha voce – in ultima istanza – è il popolo. In questo caso il popolo greco ha sorpreso il suo stesso governo, se si analizza il dietrofront di queste ore. Ci si aspettava un testa a testa che in realtà si è risolto in una vittoria del No in goleada, simile ad una marcia trionfale del populismo che decostruisce il sogno d0Unità dell’Europa.
Chi ha vinto? Ci si trova d’accordo sul fatto che ora non vi sia via d’uscita? Oggi in realtà si è aperto un fronte che vuole che la messa in gioco di valori esulano dal mero calcolo statistico e arbitrario: la trattativa può divenire il trampolino di lancio per rivedere regole e sistema sanzionatorio, troppo spesso demandati a soggetti terzi, a stati sovrani che non sono rappresentazione delle istituzioni vigilanti.
Leggendo i quotidiani si evince come ora si è reso necessario l’intervento massivo da parte della BCE che è l’unico istituzione a poter garantire la stabilità delle banche (non soltanto di quelle elleniche): in Grecia Tsipras ha garantito l’apertura delle per martedì: in realtà senza interventi esterni, la Grecia è al collasso. Essendo al collasso perché si grida vittoria sapendo di divenire ostaggi di altri? Il ritorno alla Dracma non avverrà perché si è come ostaggi dell’Euro, per libera scelta. Il ricorso ai trattati europei è stato vituperato alla falsa del Greferendum.
L’Europa quale responsabilità ha dinanzi ad una situazione in cui i deboli venono schiacciati da chi non si dà pace se i conti non tornano?
Sono tutti interrogativi che non possono avere risposta, se non una messa in discussione.
Tsipras chiede di ri – avviare le trattative? La risposta della Frau Merkel sembra essere positiva: ma su quali basi? La base su cui ogni negoziato fonda la propria ragion d’essere è la disponibilità ad accogliere il pensiero del dialogante, non soltanto le proprie ragione: ciò vale per entrambi i dialoganti. L’intransigenza tedesca ha generato il panico in chi ha sempre avuto sistemi, per loro stessa natura, fragili: la Grecia, la Spagna, il Portogallo aventi un PIL basato su turismo e poche altre voci, se non quelle che vedono coinvolgimenti di stati terzi a livello di industria pesante, generando così un gettito poco differenziato. Come ha sollecitato Pikketty, sondando soltanto la forza dell’economia virtuale, basato su eventi numerici, chi viene isolato è il capitale umano, la forza motrice dell’economia reale.
Basando tutto sull’austerità, ciò che si annienta è la possibilità di progresso dei singoli individuiche, intrappolati tra regole e stagnazione, decide di aderire a derive populiste. Si insiste su questo punto perché in tal modalità fallirà l’Europa, il progetro Europa Unita.
Riflettendo è simpatico vedere governare insieme, come se fossimo all’interno di un gioco di Fanta – Geo – politica, l’estrema destra con l’estrema sinistra di Syriza. In momenti in cui non vi sono certezze si naviga a vista.
Varoufakis si è dimesso? Bene, ora gli interlocutori non avranno lo spauracchio dell’economia marxista – leninista del ministro accademico; certo l’altro spauracchio si chiama Schauble e la convinta linea tedesca del rispetto dei regolamenti ad ogni costo. Chi sale sul carro dei vincitori è il ministro greco dell’Economia che ha ridicolizzato il buon vecchio ex Primo Ministro greco Samaras. Chi è costui? Il capo che per anni non è riuscito a bloccare l’emorragia del debito greco, aumentato costantemente – stante i motivi spiegati in altro articolo -.
Varoufakis ha esaltato la sua tattica “militare” di trincea, trovando in giro per l’Europa una mole di scontenti rifugiatisi nei populismi, poiché stufi di imposizioni decise da un altro stato sovrano e non dall’intera assemblea: nella fattispecie la Germania e la BundesBank.
E ora?
Nulla cambia e nulla cambierà: l’Europa non può perdere la Grecia e la Grecia non può permettersi di uscire dall’euro, seppur incitata da Putin e dai suoi propositi d’investimento.
Tutto è cambiato perché, al termine della giostra cavalleresca, nulla mutasse.
L’Europa deve trovare l’unità politica in quanto un default nell’unione non vuol dire”fine della giostra”, bensì il ricorso a procedeure che salvaguardano il popolo.
Ciò che ho appena scritto è intriso di nazionalismo: il rispetto degli anziani, dei deboli e delle nuove generazioni non hanno colore politico od ideologia; tutto quanto scritto e si agisce è ideale, contatto con alti valori individuali, umani, rappresenta la base per la fondazione di uno Stato, e non sul rigorismo inerente ad esempio a parametri statistici.
Sarà capace l’Europa di diventare un insieme che darà vita agli “STATI UNITI D’EUROPA”?
L’Europa merita una governance che abbia principi liberali e democratici al contempo, cui poggiare le grandi potenzialità democratiche e progressiste (non è un paradosso, è saper cogliere lì dove alcuni elementi contribuiscono a rendere forte una struttura); ciò non vuol dire temere le derive ideologiche: significa saper dotare i governanti di maggiori strumenti privi di “fare pregiudiziale” che corrompe l’ambizione pubblica dei politici. Ciò che ha condotto a scontri ideologici ha sortito soltanto la disgregazione dell’unità di intenti che ha guidato il nostro continente alla fine del secondo conflitto mondiale, permettendo il superamento di una crisi di valori generata da estremismi.
Oggi vi è la necessità di dotare il popolo di maggiori possibilità, opportunità. L’Europa deve avere un futuro: come? Attraverso l’unità politica.
È il sogno che costruisce la realtà, poiché soltanto immaginando creo futuro mentre vivo il presente.
E se si dimettesse anche il Ministro Tedesco Schauble?