
Fotografia Vincenzo Battista
di Vincenzo Battista
Cocullo, nella provincia dell’Aquila, è posto a 870 metri s.l.m., sulla linea ferroviaria Sulmona-Roma. E’ ubicato sul declivio di monte Luparo (m. 1327), “la valle che si apre davanti al paese è circondata da spogli diruti, mentre al di là, a sud, si levano, una quinta dietro l’altra, creste, coperte di neve“.
Le impronte del ferro sulla porta di una casa di Cocullo ricordano la mula di San Domenico, protagonista di alcuni miracoli ispirati dal santo. Mito e religione sono due aspetti dello stesso soggetto. Nella contrada denominata “Via del lupo” è rappresentata, secondo la tradizione orale, l’impronta del ginocchio di San Domenico, lì inginocchiato per recitare le sue preghiere.
San Domenico Abate visse a cavallo dei secoli X e XI. Nato a Foligno, in Umbria, iniziò nell’Italia centrale un’attività di pellegrinaggio, predicazione e ascesi, compiendo vari miracoli secondo la tradizione orale. Morì il 22 gennaio 1031 e fu sepolto a Sora.
Le ciambelle di pane dolce, attraverso le offerte dei fedeli, vengono messe all’asta: verranno mostrate nella processione con la statua del santo avvolto dalle serpi. In un contesto di forte adesione ai temi della religiosità popolare e in particolare alla memoria di San Domenico Abate, la società locale conferma con il rito annuale di maggio l’autorità della figura del santo, la regalità dell’avvenimento.
I serpari di Cocullo hanno terminato la caccia alle serpi. Si sono mossi nelle contrade di valle Marzia, Vrecciara, Vipone, valle Cuta, Antera e Scastielle. Individuato il rettile lo prendono con un bastone e poi per il collo. La tradizione vuole che con le falde di un vecchio cappello si strappino i denti della serpe. Le serpi prima di essere avvolte alla statua di San Domenico, nella processione salvifica del mese di maggio, verranno alimentate con il latte dentro contenitori con la crusca. E’ soprattutto il serpente che esprime un mito antichissimo: l’incognita e la precarietà dell’ambiente naturale con l’istintivo bisogno dell’uomo di assicurarsi il controllo del proprio habitat.
La processione di San Domenico avvolto dalle serpi nel borgo di Cocullo. “Lo spettacolo che offre la processione di San Domenico – scrive Giovanni Pansa, storico di Sulmona – è dei più impressionanti. La mente dello spettatore rimane come atterrita da ciò che le si para dinanzi, invasa di stupore e di ribrezzo per quella fede cieca, repugnante e selvaggia che anima buone e semplici popolazione dell’Abruzzo”.
Le serpi avvolgono il santo, si muovono, strisciano sulla statua lignea, assumono diverse posizioni. Intorno al corteo il pubblico è ammutolito. Si ascolta solo il rumore dei flash e delle macchine fotografiche che scattano migliaia e migliaia di fotografie destinate per lo più ad essere mostrate e divenire quindi un “oggetto di culto”, inconsueto.
Lupari, incantatori di serpenti e santi guaritori costituiscono il perimetro psicologico-spaziale dentro il quale l’uomo di Cocullo e della valle del Sagittario ha certezze di non essere sottoposto alle forze materiali del male.
Uno degli elementi che assume valore di cerniera tra il passato e il presente è sicuramente il mito per le serpi che connota, oggi, come isola culturale, il paese di Cocullo. Una forma di devozione nell’universo dei comportamenti, degli stati d’animo che spingono il mito delle serpi e del santo ad una sua celebrazione. Serpi e lupi furono emblemi di etnie italiche come quelle dei Marsi e degli Irpini. Le contrade dell’Abruzzo, in particolare la valle del Sagittario, risentivano della presenza di lupi e serpi che rappresentavano un’incertezza e un’ansia esistenziale per le popolazioni locali unitamente a quella precarietà di vita difficilmente sopportabile. L’assunzione da parte della comunità di rituali magico-religiosi (le serpi che avvolgono la statua del santo) assolse ad una funzione di protezione simbolica dell’intero territorio attraverso la “potenza taumaturgica” di San Domenico.
I fedeli si avvicinano alla statua, la toccano, si inginocchiano, pregano; alcuni appendono le banconote su un nastro colorato che pende dal basamento della statua. Intervengono gli uomini del comitato: le persone vengono allontanate, la processione non può sostare. La devozione che per secoli ha fatto vivere il mito di San Domenico a Cocullo, oggi è sentita come un evento turistico che sommerge e sovrasta il nucleo spirituale, sempre più ristretto, dove ancora vivono i profondi significati del culto del santo e delle serpi.
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Nelle puntate precedenti:
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Nelle prossime puntate:
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