Bufali laziali nel Parco della Majella, 6 denunce

16 luglio 2015 | 18:02
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Bufali laziali nel Parco della Majella, 6 denunce

Grandi aziende zootecniche provenienti da altre regioni avrebbero tentato di introdurre al «pascolo abusivo» mandrie di bufali e di bovini nelle aree di riserva integrale del Parco nazionale della Majella, su entrambi i massicci del Monte Morrone e della Majella, in provincia dell’Aquila e Chieti. La scoperta è stata fatta dal Corpo Forestale dello Stato.

Nei giorni scorsi, secondo quanto ricostruito dalla Forestale, «alcune importanti aziende zootecniche laziali hanno tentato invano di trasferire mandrie di bufali e di bovini nelle quote più alte e impervie della Majella in provincia di Chieti, anche poco adatte per quel tipo di bestiame, mentre hanno effettivamente scaricato sui pascoli di quota del Monte Morrone di Pacentro ottanta bufali privi di ogni autorizzazione sanitaria, comunale e dell’Ente Parco per quello specifico territorio. Addirittura buona parte di essi erano destinati ai pascoli montani di altri comuni della Valle Peligna e della Valle Subequana».

L’immediato e deciso intervento del Corpo Forestale dello Stato del Comando Stazione di Pacentro, «sebbene non sia stato possibile evitarne lo scarico per la sicurezza e il benessere degli animali dopo ore di viaggio», ha consentito di «cogliere in flagranza di reato – spiega la Forestale – tutti i responsabili della movimentazione abusiva del bestiame nonché la certa identificazione delle marche auricolari dei bufali e, quindi, di risalire alle aziende zootecniche proprietarie, tutte provenienti da fuori regione Abruzzo».

Sei persone, quattro italiani e due stranieri, tra pastori, trasportatori, consulenti e proprietari sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per «introduzione di bestiame e pascolo abusivo su terreni comunali, gravati dal diritto d’Uso Civico, in Zona A – Area di Riserva Integrale – del Parco Nazionale della Majella. Sono state elevate decine di sanzioni amministrative per diverse migliaia di euro».

L’intervento immediato della Forestale ha permesso di «contenere nel tempo e sul territorio la mandria introdotta abusivamente in attesa del giusto relativo trasferimento sui pascoli regolarmente concessi di altri comuni esterni all’area protetta, ovvero il rientro nelle stalle di provenienza in caso di necessità», rileva il Corpo Forestale dello Stato.

Gli accertamenti, effettuati in collaborazione con i servizi veterinari delle Asl competenti, hanno consentito di accertare che i bufali e gli allevamenti di provenienza sono indenni da malattie infettive.

Per quanto è accaduto, il Corpo Forestale sta proseguendo le conseguenti indagini di Polizia Giudiziaria su tutto il territorio nazionale per «verificare eventuali ulteriori responsabilità da parte di soggetti pubblici e privati nonché per accertare motivazioni e interessi legati a tale condotta abusiva».

In tutto il territorio del Parco nazionale della Majella il pascolo è consentito come tradizionale attività ecocompatibile ma è riservato ad allevamenti locali e allevatori residenti per garantire loro i diritti d’uso civico e la tipicità dei prodotti, prevenendo nel contempo il diffondersi di malattie infettive per la fauna selvatica protetta, l’eccessivo sfruttamento dei pascoli e la salvaguardia dei boschi e della flora spontanea protetta.

In modo particolare, in Zona A, cioè nelle quote più alte e in alcuni particolari habitat considerati “aree di riserva integrale”, fondamentali per la tutela della fauna selvatica particolarmente protetta, quale l’orso bruno marsicano, ormai stabilizzato nel Pnm, il pascolo è vietato, salvo eccezionali ed occasionali concessioni a pastori residenti.