La ‘festa’ in Abruzzo: San Zopito di Loreto Aprutino

Fotografia Vincenzo Battista
di Vincenzo Battista
Il giorno della Pentecoste, a Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, ha inizio la festa popolare che vede la sfilata nelle vie del paese di un bue sormontato da una bambina con una particolare fisionomia e con in bocca un garofano rosso.
Dalle prime luci dell’alba, in una contrada di Loreto Aprutino, inizia la “vestizione” e la preparazione del bue, oggi non più usato nei lavoro della campagna ma un tempo necessario per le attività agricole e il lavoro contadino. La “vestizione” è lunga, accurata, meticolosa da parte del comitato e del proprietario del bue che custodisce l’animale divenuto simbolo insostituibile dell’intera comunità religiosa. Ghirlande, copricorni di raso scarlatto, il corno rosso, campane d’argento, stoffe pregiate, specchi ed altri simboli come l’effigie di San Zopito rivestono e arricchiscono il bue che per un giorno, in un anno, viene spostato da una ordinarietà quotidiana per divenire il “tramite”: elemento soprannaturale, di devozione, di rispetto e capiremo il perché.
La preparazione delle ghirlande e dei nastri sulla testa del bue di Loreto Aprutino. La leggenda narra che alcuni contadini erano impegnati ad arare con un bue un terreno in località “Collattuccio” nel giorno di Pentecoste, irriverenti della festività e della processione di San Zopito che attraversava l’abitato, le campagne e giungeva davanti al loro campo. Al passaggio della statua del santo, il bue che trainava l’aratro si inginocchiò davanti allo stupore dei contadini e dei fedeli al seguito della processione.
La sfilata della statua di San Zopito. La leggenda, continuando nel suo racconto, vuole evidenziare che nel giorno dedicato alla festività gli uomini non devono dimenticarsi dell’autorità religiosa, San Zopito, protettore del paese, e sono richiamati al rispetto con l’accadimento prodigioso dell’animale, il bue, che si inginocchia al loro posto.
Un altro elemento della narrazione leggendaria è costituito dalla bambina che, a cavalcioni sul bue, sfila per tutto il percorso della rappresentazione popolare. La bambina con l’abito bianco e ricami dorati, coperta di monili d’oro, secondo la leggenda del bue e del santo, è l’angelo messaggero che San Zopito ha voluto inviare: il tramite cioè tra la divinità e i contadini che, collocato sulla groppa del bue con in bocca un garofano rosso sbocciato straordinariamente nella stagione primaverile, “guida” il bue e lo fa inginocchiare.
Il tracciato del corteo processionale prevede la sosta e il rinnovato rito dell’inginocchiamento del bue che si ripete davanti al mulino, ai palazzi del potere locale, alla banca, il castello, il frantoio e davanti alla chiesa. Luoghi che si sono sostituiti all’originale culto popolare che prevedeva l’ingresso in chiesa, l’inginocchiamento del bue e il suo defecare davanti all’altare, che era allora considerato un presagio favorevole da parte della società contadina per l’imminente stagione agricola dei raccolti. Forse questo rituale che profanava il luogo di culto può essere letto come una forma di riscatto da parte della cultura contadina che espropriava il tempio religioso dei suoi significati con una azione che rimarcava e comunque veniva tollerata dalle autorità religiose, ma che tuttavia voleva sancire il predominio, per una volta l’anno, di una società rurale schiacciata da imposte e gabelle che magari provenivano anche dalle proprietà del latifondo ecclesiastiche. In seguito questa pratica è stata abolita.
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Nelle puntate precedenti:
San Domenico di Pretoro
San Zopito di Loreto Aprutino
Nelle prossime puntate:
San Erasmo di Beffi e Succiano
I Banderesi di Bucchianico