
«L’incarico a Pierluigi Tancredi? In quei giorni che non c’era nessuno, vorrei che si capisse che eravamo 5 o 6 assessori, mi si disse di darglielo, io non ero convintissimo, ma firmai. Ma non era certo commissario per la ricostruzione, non doveva seguire tutti i palazzi, deve essere chiaro».
Così il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, sull’ex consigliere comunale di centrodestra delegato ai puntellamenti, Pierluigi Tancredi, finito ai domiciliari sia nel gennaio 2014, nell’inchiesta “Do ut des” su tangenti e appalti di messa in sicurezza, sia ieri per la nuova indagine “Redde rationem”, nella quale gli viene contestata anche l’accusa di estorsione a imprenditori per continuare a tacere negli interrogatori. La notizia dell’incarico venne seguita da una protesta popolare via sms diffusi a centinaia sul cellulare privato del sindaco, che venne fatto girare in una catena, alla fine il mandato fu revocato. Cialente parla poi dell’attività di brokeraggio, inteso come mediazione per procurare affari nel post-sisma alle imprese.
«C’è stato da parte di consiglieri comunali e pezzi importanti della classe dirigente aquilana, non solo politici – rileva il primo cittadino – Alcuni consiglieri lo hanno fatto avendo degli uffici, Tancredi almeno da consigliere comunale si dimise. Illegittimo, illegale? D’altronde sono entrate ditte importanti arrivate da tutta Italia, che stanno facendo tanto senza nulla lasciare alla città, e sono state portate da qualcuno che poteva».
Sul tema interviene anche l’assessore comunale alla Ricostruzione Pietro Di Stefano. «Non voglio ripercorrere quei tempi, mi limito a dire che L’Aquila ancora approda alle cronache nazionali per un fatto non bello di 6 anni fa – commenta – A quei tempi io non ero assessore, ma consigliere. Non mandai sms al sindaco ma gli dissi quello che dovevo dire nel luogo che avevo, il Consiglio comunale, com’era mio dovere».