
«Abbiamo lavorato senza tutele tra cui l’assistenza sanitaria, a 50 euro al giorno stipati in appartamenti e intimoriti dal rischio di essere mandati a casa».
Hanno confermato davanti ai carabinieri le disumane condizioni di lavoro a cui erano sottoposti gli operai romeni sfruttati dall’organizzazione costituita da imprenditori e intermediari sgominata dall’inchiesta della Procura distrettuale antimafia dell’Aquila denominata “Social Dumping” che, ieri, ha portato in carcere cinque persone con una sesta, un romeno, latitante e ricercato nel paese di origine.
Gli operai sono stati ascoltati ieri sera: qualcuno ha mostrato qualche imbarazzo per timore, ma alla fine tutti hanno ammesso il trattamento che del resto non poteva essere negato alla luce delle prove in possesso dei carabinieri.
I lavoratori tra oggi e domani ripartiranno per la Romania visto che non potranno più operare nei cantieri legati agli imprenditori finiti in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al reclutamento e allo sfruttamento della manodopera per far lievitare illegalmente i profitti delle commesse nella ricostruzione privata, risparmiando su una voce di costo importante come quella del personale.
Ai rappresentanti delle imprese Salvatore e Di Meo e C. snc di Sulmona (L’Aquila) e la Meg con sede prima a Teramo e poi spostata all’Aquila, è stata anche contestata una lunga serie di reati fiscali, tra cui l’autoriciclaggio e le false fatturazioni per operazioni inesistenti emesse dall’imprenditore romeno, ancora latitante, che venivano pagate dalle imprese aquilane che poi rientravano in possesso dei soldi in nero.
Gli operai romeni hanno dichiarato che il 29 luglio scorso hanno percepito lo stipendio di giugno, ma hanno anche espresso il timore e la preoccupazione che colui che li ha messi sotto contratto mediante l’istituto del distacco comunitario, Nicolae Otescu latitante, per quanto accaduto non avrebbe pagato il mese di luglio. A tale proposito, hanno chiesto che questo fatto venisse messo a verbale dai carabinieri. Tutta da definire la possibile vertenza di lavoro dei romeni che potrebbero rivolgersi alla Cigl, sindacato che con un esposto ha dato il la all’inchiesta arrivata all’epilogo dopo oltre un anno di duro lavoro dei carabinieri dell’Aquila. Le prove delle precarie condizioni di lavoro sono emerse anche dalle intercettazioni tra operai: «Lavoro, lavoro, questa settimana ho dato tanto, ho pensato di morire. Sono stato due giorni male, tossivo, non riuscivo nemmeno a dormire la notte».
«Lavori come uno stupido, sudi e poi stai fermo quando c’è la pausa. Riporto roba da mangiare a casa, ma non posso mangiarla per quanto fa freddo».
Intanto, gli interrogatori di garanzia davanti al Gip del tribunale dell’Aquila per i cinque arrestati, rinchiusi nelle carceri di Teramo e Sulmona (L’Aquila), potrebbero svolgersi lunedì.