Vince Tempera: il mondo di un mostro sacro in una notte a Capistrello

7 agosto 2015 | 21:35
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Vince Tempera: il mondo di un mostro sacro in una notte a Capistrello

di Gioia Chiostri

Nella Marsica più vera, il più vero demiurgo di sogni incastonati sull’anello d’acciaio della Musica di valore. Come la lega fra ferro e carbonio, di fatti, anche la Musica, quella di caratura buona, resiste al tempo e allo spazio, poiché abbraccia con l’energia tutto e tutti, a 360 gradi. «L’uomo senza sogni non è un uomo e quand’egli sceglierà di vivere così, sarà giunta per l’umanità l’età della pensione». A proferire il Verbo, se così si potrebbe definire il mosaico di parole pronunciato da un guru della musica italiana, quale Vince Tempera – tastierista di fama, autore, compositore, musicista a tutto tondo, arrangiatore e direttore d’Orchestra – non costa tanta fatica, in fondo. Questa, invece, è data dalla somma delle azioni effettive che la bilanciano e la comprovano. E lui, di azioni in campo artistico, ne ha maturate a bizzeffe.

«Con i ‘Musici’ di Guccini (band storica del cantautore italiano che ha puntato, dopo l’abbandono della voce principale, a ripercorrere le orme vibranti di un grande spirito selvaggio Ndr.) è la prima volta che faremo visita alla zona marsicana; il paese di Capistrello lo conosceremo la notte di Ferragosto, praticamente; invece, io, personalmente, ma parliamo di tanto tempo fa, venni già a far musica nella costola marsicana d’Abruzzo quando ancora organizzavo concerti in piazza estivi». Ritrovarsi ad un passo da casa propria ad incontrare, con gli occhi e con le antenne del cuore, coloro che diedero voce a pennellate vere e proprie di vita musicale, quali Flaco Biondini, Antonio Marangolo, Pierluigi Mingotti e Ivano Zanotti, non è roba da tutti i giorni. Figurarsi poi, se, in una breve intervista, un tuttologo della Musica come il maestro Vince Tempera, classe 1946, destreggia ricordi storici passati e rivoluzioni future con l’arte tipica di un umilissimo, ma selettivo amante delle cose belle.

L’invenzione dei Musici ha rappresentato una svolta epocale in ambito storico-musicale: la formazione di Francesco Guccini, mai alle sue spalle e sempre al suo fianco, in somma sintesi, ha dato atto, la bellezza di due anni fa, ad un gruppo autonomo e indipendente, che avesse bene a mente l’idea di continuare a far sventolare alta la bandiera integerrima delle parole pensanti cantate.

{{*ExtraImg_250740_ArtImgRight_300x382_}}Il 15 di agosto, il miracolo accadrà di nuovo proprio a Capistrello grazie al manager abruzzese Tony Orlandi e al Comitato Feste del paese marsicano, timoneggiato dal presidente Vittorio Palleschi. «La volontà di mettere in piedi i ‘Musici’, – spiega Vince Tempera – è nata dalla grande richiesta dei fan, orfani di Guccini, di voler riascoltare dal vivo i suoi pezzi storici ma mai impolverati quali ‘La Locomotiva’ o ‘Asia’». Una reazione, insomma, corrisposta all’affettuosa azione di volere l’immortalità della musica ancora sul palco. Guccini, dal canto suo, si è ritirato dal cosiddetto ‘canto live’ nell’anno 2013. I suoi musicisti, anzi i suoi ‘Musici’, come li amò definire in prima istanza lui, hanno invece detto No al tramonto di un pezzo di storia musicata. Ed è toccato proprio a Flaco Biondini, il chitarrista del gruppo, l’arduo compito di dar letteralmente la voce alla musica della band.

«La scelta, alla fine – aggiunge Vince – è ricaduta su di lui perché ha sempre avuto la stessa intemperanza di temperamento tipica di Francesco». Al 1967, risale, invece, il colpo di fulmine artistico fra due personalità di spicco quali Vince Tempera e Francesco Guccini in persona. «A quei tempi, lui era un artista senza barba e scriveva le canzoni per i Nomadi. Io lo conobbi poiché avrei dovuto arrangiare i loro pezzi. Sotto il segno della band fondata nel 1963, insomma, io e Francesco abbiamo incominciato a dare un senso, assieme, ai nostri due caratteri musicali ribelli».

«L’album a cui sono legato maggiormente – continua Vince – è senza dubbio ‘L’isola non trovata’, del 1970, il terzo album di Francesco e l’ultimo a svelare il suo nome di battesimo completo sulla ‘copertina’. Un progetto musicale, questo, che ha donato al pubblico la vera essenza di Guccini, l’uomo poliedrico degli anni ’60 e ’70. Ed è proprio questa faccia musicale, in fondo, che la gente richiede più spesso: la Musica degli albori, quella che sa di strade graffiate». Vince Tempera ha incominciato il suo cammino musicale, prima di affacciarsi alla stessa finestra dei sogni di Guccini, alla tenera età di 6 anni, da studioso pianista di Conservatorio. La musica è divenuta per lui, a lungo andare, una sorta di compagna di vita: «una passione che non ho mai abbandonato e mai abbandonerò». Un ‘amore-professionale’ che non si è arreso nemmeno di fronte ai casi più strambi della vita. Vince Tempera ha, infatti, durante la sua vispa carriera, divorato di tutto e creato il contrario di tutto.

{{*ExtraImg_250764_ArtImgCenter_320x240_}}Pioniere delle canzoni dei cartoni animati dense di note di spessore, quali ‘Goldrake’, ‘Ape Maia’ ed ‘Hello Spank’, capostipite di sigle per telefilm e film di qualità – una su tutte ‘Sette note in nero’ scelta da Tarantino in persona come colonna sonora di ‘Kill Bill vol. 1’ – lui, il sognatore bambino divenuto adulto grazie alle sette note, non ha detto mai di no alle lune nel pozzo incontrate.

Una su tutte, quella variopinta del mondo dei cartoon. «Molti continuano a domandarmi perché scelsi di scrivere musica per gli anime giapponesi. Ufo Robot, in assoluto la mia canzone del cuore, ‘eletta’ anche disco d’oro, è un chiaro esempio di come giocai con il mio talento esercitato». Sta forse dicendo che la buona musica può farsi balia anche della TV, del grande schermo e del tubo catodico? «Basterebbe un solo esempio: il film ‘Fantasia’ di Walt Disney – tra l’altro, mia musa ispiratrice – per rispondere a questa domanda. Il cartone animato – afferma – altri non è se non uno strano scherzo della vita, poiché, al di là di tutto, è il prodotto che permane più a lungo nella storia della Musica: la mia passione, in questo senso, è nata proprio dall’osmosi artistica fra il disegno animato e le vibranti note inconfondibili di Čajkovskij. Le canzoni dei cartoni, proprio perché si tramandano di padre in figlio, resistono molto più a lungo dei brani passati in radio: sono quasi d’acciaio, come i miei amati robot».

Benché collaboratore di prestigio di grandi anime della musica d’autore, quali Lucio Battisti, Loredana Berté, Mario Lavezzi, Venditti e Baglioni, una delle sue vesti più preziose, per quel che concerne il panorama musicale italiano, resta, però, senza dubbio, quella relativa all’abito arguto del Talent Scout. Gianluca Grignani, Fabio Concato, Zucchero: sono solo alcuni dei nomi degni di nota scovati dal maestro Tempera. «Mi sono sempre interessato – aggiunge – alle giovani speranze della Musica. Ovviamente, non si parla di investire, ma magari di proporre un giovane talento che vale la pena ad una grande casa discografica, su modello dei grandi direttori americani d’orchestra. Se trovo un giovane che merita, allora sono solito giocare il tutto per tutto. Grignani, al tempo in cui lo incontrai io, era un timido ragazzo di soli 15 anni con degli screzi in famiglia. Ma è proprio la storia di vita appartenente ai singoli artisti che porta alla nascita delle più belle canzoni».

Ma la vera Musica, in fin dei conti, va sostenuta o no? «Quando incominciai io, nessuno, finanziariamente, sosteneva la Musica, ma, in fondo, è stato meglio così: lo Stato deve scomparire dalla vita musicale; noi musicisti, in costante compagnia delle nostre forze, possiamo emergere senza problemi ed ostacoli alcuni: occorre solo volerlo. Non si può aspettare sempre che lo Stato agisca, dobbiamo essere noi, in primis, a inventare e a sostenere le nostre stesse invenzioni». Vince Tempera, come un bravo medico di famiglia capace di trattare qualsivoglia paziente con i guanti bianchi della serietà, chiude la preziosa intervista con una lettura al microscopio del grado di salute della Musica odierna.

{{*ExtraImg_250742_ArtImgCenter_373x560_}}«La Musica, oggi come oggi, – dichiara il Maestro – gode abbastanza di buona salute; di certo, però, con questo aggettivo, non mi riferisco alla musica tipica del cantautorato. Negli ultimi scambi di parole avvenuti fra me e Francesco, è emerso che egli non scrive più canzoni proprio perché non recepisce più forti stimoli dall’ambiente che lo circonda». Nulla a che vedere con il contorno sociale di brani storici come ‘La Locomotiva’, ad esempio, nata fra le bombe di carta delle BR. «Oggi – conclude Vince – i ragazzi stanno tutti bene: le ferite che subiscono sono solo superficiali. Stiamo vivendo, in questa parentesi storica, una sorta di pigrizia generazionale: musicalmente parlando, al di là del solito Jovanotti, il piatto piange. Ma non è così nel resto del mondo, dove, cioè, la Musica è la prima manifestazione di pensiero sulla lista del popolo sovrano. Lo stesso Obama, ad esempio, se si vuol far notare dal suo elettorato, va ad un concerto dei Led Zeppelin e si siede in prima fila. Vorrei vedere Giorgio Napolitano accomodarsi in prima fila ad un concerto di Ligabue: quando questo tipo di avvenimento sarà considerato una routine, allora e solo allora si comincerà a ragionare». Il tempo del racconto è quel momento incastrato fra lo scoppio di un’idea e la sua più inimmaginata conseguenza. Ed oggi, il racconto, è toccato proprio a lui, ad uno dei più grandi sognatori dei nostri tempi.

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