
Le associazioni ecologiste abruzzesi sono preoccupate per le sorti del bosco di Sant’Antonio di Pescocostanzo, area di protezione integrale nel Parco nazionale della Majella, istituita nel 1986 per proteggere una delle faggete più belle e più famose dell’Appennino.
Secondo le associazioni, con una sentenza del 12 febbraio scorso il Commissario Regionale agli usi civici ha dichiarato nulli i vincoli del Parco e il timore è che il bosco venga trasformato in un’area di sfruttamento intensivo per la quale si «ripropone – affermano – anche la superata pratica di arboricoltura, conosciuta come capitozzatura, che andrebbe a uccidere o rovinare per sempre gli esemplari arborei, generando gravi danni all’immagine del bosco».
Le associazioni, nel sollecitare una soluzione intermedia, sottolineano che «il bosco di Sant’Antonio, con i suoi 17 ettari, è da sempre un paradiso apprezzato da botanici, escursionisti, viaggiatori e turisti. Il bosco rappresenta un biotopo di elevato pregio naturalistico, riconosciuto universalmente dalla comunità scientifica e da quella europea, dove le dinamiche naturali hanno arricchito il bosco grandi alberi ad alto fusto e monumentali. Circa la metà degli 800 alberi monumentali di tutto il parco nazionale della Maiella, risiedono, infatti, nel bosco di Sant’Antonio».