Inchiesta balconi Progetto Case: 37 indagati

Dopo oltre un anno di indagini, accertamenti e attesa sono in corso oggi le notifiche ai 37 indagati nell’inchiesta della procura della Repubblica dell’Aquila sul crollo di un balcone di un alloggio della palazzina antisismica della new town di Cese di Preturo (L’Aquila), una delle 19 del progetto C.a.s.e., il mega insediamento realizzato dopo il terremoto per dare un tetto a oltre 16 mila aquilani alloggiati in circa 4.500 appartamenti.
Gli indagati sono Mauro Dolce, Sergio Sabato, Dino Bonadies, Paolo Delfanti, Gian Michele Calvi, Stefano Vitalini, Alessandro Tosello, Fabrizio Frau, Luigi Spadaro, Antonio Coccia, Alberto Damiani, Michele D’Adamo, Paolo Emilio Pinto, Edoardo Cosenza, Gaetano Manfredi, Paolo Zanon, Claudio Moroni, Luca Pagani, Emilia Aloise, Francesco Tuccillo, Carlo De Angelis Mastrolilli, Davide Dragone, Wolf Chitis, Paolo Vacca, G.P., Fabio Serena, Roberto Gandolfi, Carmine Guarino, Markus Alois Odermatt, Renato Amorosi, Lucio Nardis, Mario Di Gregorio, Vittorio Fabrizi, Enrica De Paulis, Carlo Cafaggi, Marco Balassone, Claudio Levorato.
Le indagini sono scattate il 2 settembre del 2014, quando un balcone si è staccato dal secondo piano, secondo gli investigatori «per difetti di costruzione e utilizzo di materiale scadente», cadendo su quello sottostante.
Le accuse, a vario titolo, sono di crollo colposo, truffa in pubbliche forniture e una serie di falsi. Al termine delle notifiche partiranno gli interrogatori per le persone indagate che dovranno chiarire le loro posizioni.
Dopo il crollo sono stati sequestrati circa 800 balconi in legno in 494 appartamenti in tutto il territorio aquilano.
Balconi costruiti “in difformità da quanto previsto in progetto, consentendo l’installazione di pannelli in fibrocemento che non permettevano la traspirabilità della struttura lignea”, in modo da favorire “l’insorgere di fenomeni di marcescenza con il conseguente crollo”. Ruota intorno a questa fornitura illegale, che ha configurato una truffa ai danni dello Stato da ben 18 milioni di euro, il capo d’imputazione dell’inchiesta della procura della Repubblica coordinata dal sostituto procuratore Roberta D’Avolio che, attraverso gli accertamenti della Forestale, ha portato a indagare 37 persone. Le accuse principali sono quattro, la frode nelle forniture, i documenti falsi, la truffa allo Stato e il crollo del balcone del 14 settembre 2014.
Gli imputati sono distinguibili in due grandi gruppi, da un lato i direttori dei lavori e responsabili della progettazione e realizzazione, che non hanno controllato che i balconi su 494 dei 4.500 alloggi antisismici tirati su dopo il sisma del 6 aprile 2009 venivano realizzati con materiale inadatto, e hanno attestato il falso, cioè che tutto fosse in regola, evitando di controllare. “Il capitolato tecnico descrittivo di materiali impianti e finiture del 3 giugno 2009 prescriveva l’obbligo di utilizzare materiali conformi alle norme Uni, Cei, En, Iso”, ma una delle aziende, la Safwood, ha fornito a Futuraquila “elementi strutturali in pannello multistrato” di legno privi di certificazioni e con documentazione carente che “non certificava l’idoneità”. Tra le false attestazioni, “la qualità, provenienza e tipo dei materiali impiegati”, il fatto che fossero stati “eseguiti tutti i controlli”, che le opere fossero “prive di evidenti manchevolezze o difetti costruttivi”. Gli imprenditori delle ditte fornitrici di legname, realizzatrici delle palazzine e installatrici dei materiali, che hanno appunto fornito materie prime non in regola con gli obblighi previsti dai contratti, compiendo l’illecito che poteva costare la vita a decine di persone che già hanno perso la propria abitazione. Ultimo gruppo di indagati, i funzionari del Comune dell’Aquila che, avvertiti delle problematiche di infiltrazioni, umido, muffe e quant’altro, non hanno controllato a dovere e hanno contribuito pure loro a causa il marciume del legno e il crollo.
“Dal crollo di un balcone si era arrivati a una situazione di ordine pubblico, se non è degenerata è stato per l’azione della procura e degli investigatori, lo dico senza falsa modestia”. Così il procuratore della Repubblica dell’Aquila, Fausto Cardella, nel corso di un incontro con la stampa convocato per precisare alcuni aspetti dell’inchiesta che ha portato a indagare 37 persone per il crollo di un balcone all’interno del progetto C.a.s.e., il mega insediamento realizzato dopo il terremoto del 6 aprile 2009 per dare un tetto a oltre 16 mila aquilani alloggiati in circa 4.500 appartamenti. Il crollo è avvenuto il 14 settembre 2014, un anno dopo sono stati recapitati gli avvisi di conclusione delle indagini. “Non bisogna farsi ingannare dal fatto che sia trascorso un anno, si è trattato di un’indagine particolarmente complessa – ha evidenziato Cardella – Un anno è un tempo molto buono, ci siamo arrivati grazie alle scelte investigative e processuali della collega D’Avolio, altrimenti ci sarebbe voluto molto di più”, ha detto in riferimento al sostituto procuratore Roberta D’Avolio titolare del fascicolo. Sui balconi crollati, il procuratore ha evidenziato che “poteva diventare un allarme pubblico, ma il caso è stato gestito in modo da rassicurare la popolazione e fare il possibile con massimo ordine e trasparenza”. Cardella ha anche evidenziato che “le nostre conclusioni riguardano i manufatti oggetto d’indagine”, quindi 800 balconi oggetto di sequestro preventivo in 494 appartamenti di 19 piastre, mentre “altri che si trovino in situazioni analoghe per provenienza e fornitura non sono stati oggetto di valutazione e non sappiamo in che condizioni siano”. La pm D’Avolio, in tal senso, ha precisato che “i manufatti li dissequestreremo e poi sarà il Comune a prendere le decisioni. Su quegli alloggi deve intervenire l’ente proprietario”. Il comandante provinciale della Forestale che ha eseguito le indagini, Nevio Savini, ha fatto notare che “c’è stata una collaborazione eccezionale con gli inquilini durante le verifiche e i controlli, hanno capito che era un’attività per la loro sicurezza e ci hanno accolto molto bene”.
GLI INDAGATI – Tra i principali indagati dell’inchiesta, coordinata dal pm Roberta D’Avolio, Gian Michele Calvi, direttore dei lavori di realizzazione del progetto C.a.s.e., e Mauro Dolce, responsabile unico del procedimento. Inoltre, i dirigenti del Comune dell’Aquila che negli anni si sono succeduti alla responsabilità della manutenzione del progetto C.a.s.e.: Renato Amorosi, Lucio Nardis, Mario Di Gregorio, Vittorio Fabrizi, Enrica De Paulis, oltre al responsabile dell’ufficio C.a.s.e e Map Marco Balassone e a quello del servizio Patrimonio Carlo Cafaggi.
In generale sono coinvolti funzionari della Protezione civile, stazione appaltante del progetto C.a.s.e., del Comune dell’Aquila, la commissione di collaudo, tecnici che hanno redatto le certificazioni dei materiali e i rappresentanti delle ditte che hanno realizzato le cinque new town, tutte fallite, e di quella fornitrice del legno.
In particolare Dolce (di Roma) è indagato in qualità di Responsabile unico del procedimento; Sabato (Salerno) rappresentante del Rup alla vista finale di Collaudo tecnico amministrativo; Vitalini (Sondrio) nella qualità di direttore operativo opere strutturali; Calvi (Pavia), progettista e direttore dei lavori; Tosello (Pavia), Spadaro, (Messina), Coccia, (Roma), Damiani (Pavia), D’Adamo, (Chieti), Frau, (Milano), nelle qualità, a vario titolo, di rappresentanti del direttore dei lavori in fase di sopralluogo; Cosenza (Napoli), Manfredi (Napoli), Zanon (Trento), Moroni (Potenza), Pinto (Roma), componenti della Commissione di collaudo statico; Pagani (Pavia) nella qualità di presidente della Commissione di collaudo tecnico amministrativo; Aloise (Roma), componente della Commissione di collaudo tecnico amministrativo; Tuccillo (Napoli), in qualità di Amministratore unico e legale rappresentante della società “Iter Gestioni e Appalti Spa”; CarloDe Angelis Mastrolilli (Napoli), amministratore unico e legale rappresentante della società “Sled Spa”; Dragone (Salerno), amministratore unico e legale rappresentante della società “Vitale Costruzioni Spa”; Chitis (Napoli), presidente del Consiglio d’amministrazione della società “Futuraquila società consortile arl”; Paraboschi (Piacenza), Serena (Venezia), Gandolfi, (Piacenza), Odermatt (Svizzera), referenti a vario titolo della società “Safwood Spa”; Guarino (Avellino), direttore di cantiere; Bonadies (L’Aquila), Delfanti, (Piacenza) progettisti degli elaborati esecutivi; Vacca (Isernia), commercialista; Amorosi, Nardis, Di Gregorio, Fabrizi, De Paulis, Cafaggi, Balassone, tutti dirigenti del Comune dell’Aquila, con responsabilità sulla manutenzione degli immobili. Infine Levorato (Venezia), in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di Manutencoop Facility management.
LE ACCUSE – Secondo le investigazioni del Corpo forestale dello Stato dell’Aquila, dirette da Nevio Savini e Antonio Rampini, gli indagati, a vario titolo, avrebbero attestato contrariamente al vero i vari certificati statici di collaudo, e tecnici amministrativi, ovvero la conformità delle opere secondo legge. Contestazioni sono state sollevate anche in ordine alla tipologia e qualità dei materiali, privi anche questi delle certificazioni. I forestali e i consulenti nominati dalla Procura hanno riscontrato in taluni casi la mancanza del collante e delle sostanze che avrebbero dovuto garantire la resistenza nel tempo e dunque la resistenza del legno che invece in sede di incidente probatorio era stato trovato con una evidente marcescenza. Gli indagati, sempre a vario titolo, avrebbero indotto in errore la presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della protezione civile che avrebbe così erogato una somma superiore ai 18 milioni di euro. Sempre stando alle fonti investigative, agli indagati i pubblici ministeri Cardella e D’Avolio avrebbero contestato il danno di rilevante entità, di avere agito approfittando delle situazione di necessità degli sfollati, del contesto emergenziale, ostacolando la pubblica difesa nonchè per i pubblici ufficiai di aver commesso il fatto con abuso di potere.
Tra i principali indagati dell’inchiesta Gian Michele Calvi, progettista e direttore dei lavori di realizzazione del progetto Case e Mauro Dolce, responsabile unico del procedimento. Ai due indagati gli investigatori hanno contestato a vario titolo le norme di legge relative alla vigilanza, ovvero sulla corretta esecuzione del contratto e su quelle relative ai doveri di controllo sui lavori che si stavano eseguendo anche dal punto di vista qualitativo e di prezzo. Dolce non avrebbe svolto la verifica delle caratteristiche e della dimensione dell’intervento in tutte le sue fasi non rilevando la difformità dei materiali forniti rispetto a quelli previsti dal contratto. A Calvi gli investigatori contestano il non aver accertato la conformità dell’opera al progetto, dando parere favorevole alle fasi di montaggio non accertando la qualità dei materiali.
Dolce e Calvi sono stati assolti lo scorso anno dalla Corte D’Appello dell’Aquila, insieme ad altri cinque componenti della Commissione Grandi Rischi, nell’ambito dell’omologo processo, nel quale erano stati chiamati a rispondere dei reati di omicidio colposo e disastro colposo. Calvi e Dolce erano membri dell’organo scientifico consultivo della presidenza del Consiglio dei ministri ed erano finiti sotto processo (in primo grado furono condannati a sei anni di reclusione) ed erano accusati a una settimana prima del devastante sisma, di aver fornito alla popolazione aquilana messaggi tranquillizzanti, che secondo l’accusa avrebbero spinto molti cittadini a cambiare le proprie abitudini in relazione alle scosse di terremoto. Infine Dolce e Calvi sono coinvolti anche nell’altra vicenda penale che ha fatto molto parlare di se’: quella sugli isolatori sismici, le ‘molle’ installate sotto le palazzine provvisorie, risultate inadatte allo scopo per le quali erano state sistemate. Sulla vicenda era stata eseguita consulenza in un laboratorio attrezzato americano nel corso della quale un isolatore si era spezzato. C’è da dire che solo una parte seppur cospicua dei meccanismi forniti da una società è risultata inefficace. Nell’ambito del procedimento penale, Dolce è stato condannato con il rito abbreviato a un anno di reclusione, Calvi è invece ancora imputato con il rito ordinario.