L’Aquila, le pietre del centro e il futuro della città

In pochi ci prestano attenzione, pur avendo tutti la questione sotto gli occhi, o meglio, sotto le scarpe. Il tema delle pavimentazioni stradali in pietra del centro storico, tuttavia, non è di secondaria importanza, specie in una città che sta letteralmente perdendo la terra sotto i piedi, visto che i lavori di realizzazione dei nuovi sottoservizi comportano necessariamente lo smantellamento delle pavimentazioni.
Il tema è stato sollevato da Sandro Colagrande, docente di Costruzioni di Strade, Ferrovie e Aeroporti dell’Università dell’Aquila e Salvatore Santangelo, consigliere di amministrazione della Gsa e segretario generale di “L’Aquila che rinasce”, che sperano in un coinvolgimento diretto dell’Ateneo cittadino per portare avanti una progettazione che, a loro parere, deve essere fondata su due concetti concetti fondamentali: «le valutazioni estetiche e il soddisfacimento delle esigenze ‘prestazionali’ per garantire la durabilità del rivestimento».
Colagrande e Santangelo hanno esortato i cittadini a «pensare il cuore della città» e l’invito è stato subito accolto da Maurizio Sbaffo, architetto e presidente dell’Urban Center dell’Aquila, che, partendo dal tema delle pavimentazioni, allarga il concetto all’intera rinascita, anche estetica, del centro storico aquilano e inserisce nel discorso una nuova variabile, dallo stesso ritenuta fondamentale: l’identità dei luoghi.
«A L’Aquila, fino ai primi anni del secondo dopoguerra, il centro storico non esisteva – sottolinea Sbaffo – C’era la città e nella città la storia era rappresentata da una piazza e dai suoi monumenti principali. Il concetto di “città storica” appartiene alla nostra epoca e si è evoluto, caso per caso, nella misura in cui la città preindustriale si è dovuta confrontare con le nuove tecniche costruttive e con le nuove tipologie di edifici e spazi liberi. Ed è così che è nata l’equazione che assimila alla memoria della città storica la memoria individuale e collettiva di chi la abita, secondo una sottile analisi strutturale dei materiali che hanno contribuito a darle forma nel corso dei secoli: linguaggio, forma e contenuto mediante un lungo processo di sedimentazione e di stratificazione, poiché il flusso del vissuto non avviene mai nel vuoto ma “nella matericità dei luoghi che vi fanno da teatro”». «Gli “strappi” dovuti ai repentini cambiamenti, come quelli subiti a causa del sisma e degli interventi di ricostruzione in atto – aggiunge l’architetto – possono portare a una mancanza di identità dei luoghi e del loro riconoscimento come appartenente al vissuto, in cui incidono non solo le componenti legate alla memoria e all’identità storica, ma anche quelle legate alle pratiche urbane, alle forme di appropriazione materiale e simbolica, ai processi di significazione, alle rappresentazioni sociali e agli immaginari collettivi. Il problema, quindi, della ricostruzione materiale e materica del centro storico non è (o non è soltanto), economico, normativo e tecnico-scientifico. La possibile carenza di identità, o di identità minacciata da scelte parziali (tutti fenomeni che possiamo facilmente riscontrare nei processi di costruzione della città contemporanea), sarà tanto più probabile quanto vissuta come possibile forma di espropriazione della capacità propositiva e progettuale diffusa nel tessuto sociale. Se può risultare, quindi, rischioso pianificare e progettare il nuovo volto della città storica trascurandone il senso di comune identità, si pone immanente l’obiettivo di favorirne il riconoscimento attraverso le forme e i processi di appropriazione materiale e simbolica, sia in termini partecipativi e di cittadinanza attiva, sia in termini di modalità e pratiche concrete di costruzione e di definizione dei luoghi. Per tornare ad avere un’immagine condivisa della città storica, bisogna quindi porre in essere tutti gli strumenti partecipativi effettivi che, attraverso la condivisione, possano supplire alla perdita della lenta e rassicurante stratificazione storica radicata nella memoria collettiva. L’Urban center farà di questi temi il centro dei suoi ragionamenti, in sinergia con l’Amministrazione comunale, l’Università e gli altri luoghi deputati ad alimentare una cittadinanza attiva e consapevole».
Nel dibattito hanno preso posizione anche i giovani, come Luca Rocci, consigliere del Consiglio territoriale di Partecipazione L’Aquila Centro. «Grazie all’intervento del professor Colagrande e di Salvatore Santangelo si è giustamente aperta una discussione sul futuro della pavimentazione del centro storico della nostra città e più in generale sulla configurazione estetico-funzionale del Centro rinato. Personalmente – sottolinea Rocci – ritengo che le nostre strade dovranno mantenere quel pregio e quel valore storico che caratterizza gran parte dei centri storici italiani. In questo senso è importante, proprio in questa fase di ricostruzione, sperimentare e utilizzare materiali all’avanguardia, che siano in grado di garantire quella resistenza e quella durabilità che purtroppo la vecchia pavimentazione, anche a causa del clima e del passaggio dei veicoli stradali, non riusciva più a garantire. Credo che ciò sia importante non solo per il fattore storico e artistico, ma anche per il fattore economico in quanto i vecchi “sanpietrini” avevano un importante costo per la manutenzione. Sperimentare nuove tecnologie, anche in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Aquila, porterebbe anche tanti studenti e giovani a interessarsi all’Ingegneria delle Infrastrutture e l’Ingegneria Civile in genere, indirizzo di eccellenza del nostro Ateneo. Ritengo inoltre che il consiglio di partecipazione dell’Aquila centro sia il giusto “luogo” per affrontare l’argomento, quindi spero che la presidente Fabiana Costanzi raccolga al più presto l’invito a convocare una specifica riunione sul tema».