
Una piacevole scoperta durante una passeggiata nella capitale della “moralità” : Milano!
Crocevia di tantissime culture, con una grossa predominante orientale!
Mangiare, nutrirsi è anche incorporare un territorio, con i suoi usi e i suoi costumi (ovviamente con le dovute eccezioni, perchè almeno personalmente, non ho alcuna intenzione di mangiare una sontuosa zuppa di blatte, tanto decantata in alcune zone dell’Africa, o per citare una pietra miliare della cucina -Artusi- una “golosissima” minestra di ranocchi).
L’oriente affascina, la Cina è vicina diceva quello, e da noi in Italia è tutto un proliferare di attività commerciali, perfetto connubio tra bio, sapori e colori diversi, accostamenti azzardati, spesso di sicuro successo.
Insomma, passeggiando per Milano, precisamente in via Carlo Farini (le sorelle emigrate al Nord a far fortuna in tal senso sono una mano santa per queste avventurose gite), è stato facile imbattersi in questo market gigantesco, in cui tanti italiani facevano spese, supportati da un personale dagli occhi a mandorla, sorridente e completamente a digiuno dei nostri vocaboli!
Riempire il carrello di frutti sconosciuti e variopinti, salse di soia, proprio in tutte le salse, legumi misteriosi e tisane magiche, è stato un attimo, quando ecco, prima di andare in cassa, l’occhio è andato su questa lucida e cinesissima confezione di spaghetti: al the, verde ovviamente!
L’occasione dell’assaggio, risale a una tiepida mattina di primavera…
E quando poi, dividi il tetto e le speranze con un buontempone, e quando soprattutto hai traslocato da Arischia a Via strinella, va da se che hai spesso l’ospite prandiale last minute!
“Va bene” pensi, “oggi li stupiró io”, quando ti trovi davanti un simpatico sms del tipo:
“ho un paio di amici poverelli che vorrebbero un semplice tozzo di pane e un pochino d’acqua”
“ADESSO VI SISTEMO IO” puó essere solo la semplice risposta!
Frigo modalità quasi desertica, fatta eccezione per una componente ittica e qualcosa di verde, gli spaghetti ti guardano dalla dispensa e ti dicono: “EAT ME”!
Un giro d’olio, uno spicchio d’aglio, al quale hai rubato l’anima, un pugno di gamberetti e una piccola cernia, saltata e sbriciolata, lasciata asciugare con 1 dito di qualcosa di alcolico, erba cipollina, curcuma e curry come se non ci fosse un domani, come se fossimo tutti in India, patria delle amatissima spezie, una zucchina appena buttata in padella, a pezzetti, proprio giusti a scaldarla, lasciandola croccante, perchè anche i denti hanno diritto al loro momento di piacere!
La cottura del tanto decantato spaghetto è veloce, hai giusto il tempo di apparecchiare, stappare un buon rosè, fresco, apri la finestra, lasci entrare un raggio di sole, prendi i bicchieri, controlli che siano lucidi, tovaglioli in tinta con il piatto che stai cucinando, delle tovagliette americane, in corda, ricordo di un bellissimo viaggio!
Ci siamo, i “poverelli” sono arrivati, lui ti guarda e ti sorride, non potevi “deluderlo”, nemmeno questa volta, il tozzo di pane per fortuna ve l’ho risparmiato…
E poi, diceva Ennio Flaiano che il nostro, più che un popolo, è una collezione. Ma quando scocca l’ora del pranzo, seduti davanti a un piatto di spaghetti, gli abitanti della penisola si riconoscono italiani come quelli d’oltre manica, all’ora del te, si riconoscono inglesi. Neanche il servizio militare, neanche il suffragio universale (non parliamo del dovere fiscale) esercitano un simile potere unificante. L’unità d’Italia sognata dai padri del Risorgimento oggi si chiama pastasciutta.
La pasta e pronta, un cucchiaio di panna di riso per mantecare, un pochino di salsa di soia, un pó di basilico fresco dell’orticello casalingo con vista su Collemaggio, il rosè scende che è un piacere…
Che dire di più?!? Buon appetito!