Munda, già 3mila visitatori in una settimana

Sono i numeri a parlare: oltre 3000 presenze in 7 giorni di apertura, un flusso quasi continuo, una passione collettiva. Siamo al MUNDA il nuovo Museo Nazionale d’Abruzzo a L’Aquila. I sigilli di un tempo che si spalanca al futuro si sono aperti, scrigno prezioso, il 19 dicembre alla presenza del Ministro Dario Franceschini e altre autorità.
Sopra, nel soffitto, i binari dell’ex mattatoio, recuperati dall’archeologia industriale, scorrono come un cielo sopra l’arte ritornata a Borgo Rivera. Sotto le Madonne medievali, e i mantelli della Sacra Famiglia di Saturnino Gatti, le innovative tecniche antisismiche raccontano una storia di frammenti, studi e recuperi. Circa 120 opere, un percorso cronologico, dai reperti archeologici, all’arte sacra, dal francescanesimo in Abruzzo all’arte fiamminga, testimoniano l’ostinazione di un territorio che incardina, nelle fratture visibili di un Cristo di Penne del XIII secolo, il tracciato di nuovi percorsi.
Una bellezza svelata dalle macerie, lo sguardo della Madonna medievale, ora al sicuro, che incrocia quello umano, i colori che narrano una griglia su cui si è imbastita la storia sociale, l’oggi che ritrova il suo ieri, il tempo che torna a battere su quei visi riemersi dai crolli, intatti, fratturati , comunque sopravvissuti, come riflessi su uno specchio dipinto, quei visi, così simili ai nostri visi.
Tutte le prime domeniche del mese ingresso gratuito ai musei nazionali.
MUNDA – MUSEO NAZIONALE D’ABRUZZO – Borgo Rivera – Orario: 9.00/19.00. Chiuso il 1 gennaio e ogni lunedì. Entrata gratuita fino al 3 gennaio, poi con l’entrata in vigore del biglietto da 4 euro è possibile nella stessa giornata visitare un altro museo della rete statale con il biglietto ridotto di 2 euro. Sito work in progress: www.munda.abruzzo.it. Per info: pm-abr@beniculturali.it; tel. 3355964661.
LA STORIA – E’ il 1951. Luigi Einaudi, allora Presidente della Repubblica, è davanti al Castello Cinquecentesco dell’Aquila. Inaugura, nei locali che una lungimirante politica aveva deviato da un uso penitenziario, il Museo Nazionale d’Abruzzo, nel Forte aquilano, oscuro presidio, qualche anno prima, dell’occupazione tedesca. Inizia in questo modo, con le opere confluite dal Museo Civico e Diocesano, la narrazione di un territorio: archeologia, arte sacra, numismatica, oreficeria, ventagli, tessuti, arte moderna e contemporanea, 60.000 visitatori l’anno, mostre ed eventi. Poi la virata. Il solco. La mano della terra che in una notte pone tutto nelle ombre.
Era il 6 aprile 2009. Dalle pietre usciva nera polvere d’aprile a coprire, coltre schiacciante, vite e vissuti. L’ allarme dell’autopompa squarciava l’aria, il portone d’accesso incastrato, i custodi all’interno senza possibilità di comunicare, l’acqua bagnava i quattro santi protettori del gonfalone, la Madonna di terracotta esplosa, il crocifisso caduto frontalmente con il naso spezzato, tanto che neanche un accurato restauro ha potuto sanare la frattura del Cristo, su un viso, ora, ancora più sofferto. Mesi di lavoro dei funzionari MiBACT e dei vigili del fuoco, emblematico il video “l’Arte Salvata”, le bocche aperte sul fronte sud-est del Castello da cui circa 400 opere uscivano sfiorando le nuvole su una piattaforma, come disco volante, e atterravano su barelle, corpi di legno, tela, terracotta avvolti in un sudario bianco di cellophane, incerottati , feriti. Il Museo Nazionale dell’Aquila, emigrante, si polverizzava, allora, in una diaspora di ricoveri mentre l’ex Mattatoio veniva ripensato come nuova sede del Museo nel borgo del Borgo Rivera, finalmente riaperto il 19 dicembre scorso.
Le opere, tornate alla comunità che le attendeva, ora osservano di nuovo l’uomo. E, guardandolo, lo seguono per ricomporre pezzi di una mappatura culturale di legno, terracotta, pietra, tele o vetrate, riflessi nella fonte delle 99 cannelle, grembo uterino della comunità civica medievale, che accompagna con il suono del flusso, ora come allora, i palpiti di un tempo che scrive la propria storia sull’acqua che lo ha battezzata.
Fino al 7 gennaio, poi, a Palazzo Fibbioni è visitabile la mostra dal titolo “I mitici anni Cinquanta“, con dipinti e sculture dal Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila. A 60 anni dalla mostra panoramica organizzata a L’Aquila nel 1955 da un folto numero di intellettuali intenzionati a far conoscere le diverse tendenza della pittura contemporanea del “Gruppo Artisti Aquilani (1944-1954), si ripropongono i pezzi più rappresentativi degli anni ’50. Le sculture di Emilio Greco, l’espressionismo di Fausto Pirandello, la satira graffiante di Mino Maccari, indicano un percorso che vuole sommergere le devastazioni del panorama postbellico e assemblare un sentire comune attraverso “l’informale”, ed i suoi colori, indagando e confrontandosi con le nuove tecnologie ed i movimenti internazionali di grande creatività artistica.