
Ryanair potrebbe fare marcia indietro sulla decisione di chiudere le basi di Alghero e Pescare e l’aeroporto di Crotone. Lo farà se il Governo accetterà di rivedere la propria decisione di aumentare la tassa d’imbarco, ovvero il ‘casus belli’ che ha scatenato la mossa della low cost irlandese. E un’apertura in questo senso sembra arrivare dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, che starebbe valutando ipotesi per ridurre la tassa, ma avverte: non è con le minacce che si trova una soluzione.
A distanza di qualche giorno dall’annuncio delle chiusure di basi e rotte, ieri il responsabile comunicazione di Ryanair ha corretto un po’ il tiro: “Se il Governo rivedesse le sue decisioni siamo pronti anche noi a rivedere la nostra posizione”, ha detto John Alborante, annunciando che la compagnia low cost è pronta a tornare sui suoi passi (la chiusura di due basi, 16 rotte e di un aeroporto è prevista da ottobre) qualora il governo decidesse di eliminare l’aumento delle tasse aeroportuali. E forse anche alla luce delle preoccupazioni sollevate in questi giorni dai territori interessati (oggi il presidente della società di gestione dell’aeroporto di Pescara ha ricordato che il contributo dello scalo al Pil regionale arriva ad un miliardo) e anche dalla politica, qualcosa si starebbe muovendo.
Fonti del Ministero delle infrastrutture, ricordando che “gli aumenti non potevano essere evitati per impegni assunti da governi precedenti”, fanno sapere che “sono allo studio varie ipotesi per la riduzione della tassa” nei prossimi mesi. Dal Ministero guidato da Graziano Delrio, però, fanno anche capire di non gradire la mossa della low cost irlandese: “le minacce di interruzione dei servizi non sono utili a trovare una soluzione“, avvertono, ricordando che le compagnie low cost “frequentemente hanno sostegni dagli aeroporti dei territori”.
Critica nei confronti di Ryanair è anche la Filt Cgil, che chiede una convocazione al Governo e accusa la low cost di bufale e demagogia: la compagnia – ricorda Nino Cortorillo – aveva già annunciato un mese fa la sua decisione di chiudere l’attività su Alghero e ridurla su Cagliari e il motivo era la fine del sostegno economico della regione Sardegna a seguito di una decisione dell’Ue.
A tenere in fibrillazione i sindacati c’è anche la situazione di Mistral Air, la compagnia di Poste Italiane: le attività di linea che svolge per conto di Alitalia, potrebbero passare a Etihad Regional.
La Uiltrasporti ha già proclamato uno sciopero per il 18 marzo. E la Filt Cgil, “molto preoccupata”, lo proclamerà domani. Intanto in Portogallo lo Stato riprende il controllo di una compagnia aerea privatizzata appena un anno fa: il nuovo governo portoghese del premier socialista Antonio Costa ha annunciato oggi di essere risalito al 50% della Tap (dal 34%, per 1,9 milioni di euro), privatizzata l’anno scorso dal precedente esecutivo di centrodestra.