
di Enrico Cavalli
Antesignana extra Abruzzi dall’età medievale, la tradizione ludico sportiva aquilana, è rinverdita dalle classi liberali fra ‘800 e’900 con la piccola olimpiade d’expo del capoluogo abruzzese, ma, ju footteballa nasce dalla mobilitazione studentesca e militaresca tra sisma del 1915 e Grande Guerra, poi, il reducismo della Polisportiva Folgore diviene incubatore dei quadri dirigenti agonistici del Ventennio tra motorismo futurista e pratiche di massa pure in chiave femminile dei GUF..
L’entourage dell’onorevole e podestà Adelchi Serena vara lo stadio”XXVIII ottobre”ed annessa piscina e campo da tennis, nonché la funivia e piste da sci al Gran Sasso come punti dell’opzione turistico-sportiva della Grande Aquila. Questa impiantistica all’avanguardia è al servizio delle discipline interclassiste quanto a levatura atletica e contribuzione popolare e dell’AS.Aquila 1931 che piglia il testimone di sigle calcistiche locali ed universitarie.
La scalata alle divisioni nazionali, passò per l’ingaggio di titolati tecnici e giocatori, tipo il magiaro Lajos ed il triestino Bon. Erano le premesse per la storica ascesa dopo gli spareggi del luglio 1934 a Genova, in serie B della rinnovata AS. Aquila calcio guidati dall’ex genoano ed azzurro Barbieri, l’inventore della tattica detta a wm. Adelchi Serena, ormai, a Roma nelle gerarchie del PNF., lasciava la scena all’avvocato Centi Colella che ritenta la via dei tecnici mitteleuropei Ging ed Ohrt e dei talenti puri autoctoni quale il capitano di cadetteria Rossini ed extramoenia come Frossi l’universitario tesserato per via degli uffici significativi della vicesegreteria partitica imperante e fra i protagonisti di un calcio azzurro olimpico e pluriridato quanto sfruttato propagandisticamente.
Ac. Hellas Verona nata nel 1903 ad opera di studenti e professori del locale liceo classico e dai colori gialloblù della città scaligera ed in effetti recando nel suo stemma l’araldica della Signoria degli Scala e di dantesca memoria.
Da rilevare i primati di Verona in serie A,: unica città non capoluogo di regione, a vincere dopo il 1945 un campionato nella stagione 1984-1985 (ove in gialloblù stava il portiere in seconda Sergio Spuri a L’Aquila dal 1990-al 1992); a vantare due squadre, l’altra consorella è l’AC.Chievo Verona.
Nel 1919, al termine della Prima guerra mondiale, l’Hellas sotto la lunga presidenza di Carlo Fratta Pasini, contese per il primato nel calcio veneto all’UC.Venezia e SS.Vicenza e mutando la sigla sociale in Football Club Hellas Verona disputò brillantemente la Prima Divisione e tanto da vantare a fine anni’20 il mitico centrattacco della Nazionale Virgilio Levratto.
All’avvio della Serie A in girone unico, nel 1929-30,il sodalizio gialloblù, guidato dal presidente Giulio Dall’Ora, incorporò per fusione, due rivali veronesi, Bentegodi e Scaligera, prese la denominazione di AC.Verona e partendo dal campionato di Serie B, in seguito al 12’ posto dell’anno precedente in Divisione Nazionale, che però impedì la iscrizione alla Serie A (l’approdo al massimo torneo ci sarà nel 1958-59). In cadetteria, al debutto fu un sesto posto poi nel 1930-1931, 5’; 1931-1932, 3’, annata in cui termina l’era in panchina gialloblù di Andras Kuttik che andrà a dirigere il calcio aquilano dopo Contigliano; 1932-1933, 6; 1933-1934, 11’ nel girone B; 1934-1935 , 5’ nel girone B e qui la sfida prima coi rossoblù aquilani, all’andata 1-0 (23/12) per gli scaligeri che al ritorno cedono 2-3(28/04); 1935-1936, 7’ e con l’AS.Aquila, bilancio in perfetta parità ancora perché all’andata 2-1(20/10) e ritorno al “XXVIII ottobre”1-2 (01/02); infine, nel torneo che ci pertiene, quello del 1936-1937, gli scaligeri condotti da un tecnico destinato ad incidere anche dopo la guerra mondiale in riva all’Adige, l’ungherese János Vanicsek, arriveranno noni, quanto alle partite con i rossoblù, la gara di recupero per i noti fatti finì 0-0 allo stadio di via Bentegodi (14/12), mentre il retour match arrise alla squadra del capoluogo abruzzese 2-1, vanamente. Prima del 1945, alfieri della squadra veronese sono i recordman di presenze Luigi Bernardi (332 e tuttora) e Pio Goretta (267), i goleador Arnaldo Porta (primatista con 74 reti), Bruno Biagini, Egidio Chiecchi anche tecnico, Mario Patuzzi.
Nella stagione 1936-37 di serie B a girone unico ed a 16 squadre, agli ordini di Attilio Buratti, navigato tecnico della galassia calcistica capitolina, l’ organico rossoblù è peraltro meno numeroso, composto dai Orlando Sain, Gorido Stornelli, Giovanni Battioni, Marino Bon, Brindisi, Di Giacomo, La Roma, Michetti, Testoni, Orsini, PastorelliI e II, Romagnoli, Rossini; al 4-2 di esordio dinanzi ai propri tifosi sui bianconeri del FC. Esperia di Viareggio, faceva seguito lo 0-2 di Cremona e l’1-5 casalingo dall’US. Livorno che facevano intuire il ripiego delle ambizioni rossoblù bloccati in casa 0-0 dalla neroverde AC. Venezia. Lottare per posizioni di retroguardia non era nelle corde di una squadra che minimamente ipotizzava la messa in discussione della permanenza nella prestigiosa cadetteria. Tale eventualità, sennonché per cause esterne ed impre-vedibili ebbe a concretarsi in conseguenza del dera-gliamento a Contigliano il 3 ottobre 1936, del treno-littorina (per uno scambio di binari fatale, ci fu un urto frontale con il postale da Rieti), che portava gli aquilani per la quarta di andata a sfidare la gialloblù Hellas di Verona69. Fu un frangente drammatico, nonostante il repentino soccorso da parte del medico aquilano Mario Capezzali nei riguardi degli inciden-tati, periva l’allenatore Buratti e molti i giocatori che uscirono infortunati terminando anticipatamente la stagione. Michetti e Brindisi squalificati per l’occasione e Stornelli casualmente in ritardo all’appuntamento della partenza, diventarono i superstiti vessilliferi di una compagine rossoblù che riceveva vasta solidarietà dalle società consorelle, e, non solo, visto il risalto mediatico dell’evento. Cominciava una difficilissima congiuntura sfuggen-do ai rossoblù per sorteggio invece arridente all’AC. Anconitana, la Coppa Anomima Infortuni messa in palio dalle Assicurazioni Generali di Venezia per premiare la squadra avente meno infortuni stagionali, e, l’estenuante procedura burocratica tesa ad ottenere un risarcimento dei danni dalle Ferrovie dello Stato. La FIGC, prospettava la possibile ripartenza dalla cadetteria per l’anno venturo previo spareggio con le squadre giunte ultime nel torneo. Sospinta dall’emozione popolare, la presidenza Centi Colella, declinando questo vantaggio federale, puntò sugli elementi della AS. L’AquilaII. Pragmaticamente, venne accettato il prestito di riserve di alta qualità tecnica quali il difensore oriundo argentino Roberto Allemandi, di fatto, il primo straniero in rossoblù, l’avanti Mario Marchegiani, i metodisti Giulio Liberati, Giacomo Valentini, Otello Trombetta dall’AS. Roma e Verità dall’AC. Novara onde proseguire dignitosamente il campionato. Il fatto di Contigliano, causava strascichi nella tenuta societa-ria, alcune opzioni di mercato e la vertenza con le ferrovie, affatto condivise da tutti i dirigenti alcuni dei quali si appellarono ad Adelchi Serena affinché imprimesse una sterzata al club da individuare nell’eventuale presidenza dell’avvocato e gerarca un po’discosto Gustavo Marinucci a sfavore del quale giocava il fatto di essere assurto a contraltare in diversi ambiti locali proprio di Giovanni Centi-Colella. Agli annali calcistici, l’orgoglio di una provinciale e che intitolato ad Attilio Buratti, per la di cui famiglia “Il Littoriale-Corriere dello Sport” del 19 novembre 1936 intesseva un’asta benefica, il massimo torneo studentesco, si dava da fare per cercare il nuovo traghettatore della squadra. Il club rossoblù, dimostrava di possedere una conoscenza del panorama calcistico oltre i confini italici. Fu deciso di ritornare nel solco della linea di tecnici magiari chiamando Andrea Kutik, già pilastro alla gloriosa biancoblù Pro Patria di Busto Arsizio. Il clamore di questa designazione, non durò molto per la subitanea sconfitta per 0-1 a La Spezia, cogliendosi lo 0-0 al recupero della gara di Verona e due successi nel girone di andata, entrambi in casa ai danni dei giallorossi per imposizione di regime del FC. Palermo per 3-1 e catanzaresi per 2-0. La rincorsa alla salvezza, in virtù della volontà di reazione di tutto l’ambiente rossoblù pareva perfino concretarsi al 2-1 sui gialloblù scaligeri allo stadio comunale nel marzo 1937.
Altre energie morali provenivano dall’esordio aquilano alla Coppa Italia alla sua quarta edizione e modellata sulla storica Coppa d’Inghilterra a gara secca su di un campo designato per sorteggio fra club di A, B, C e che permetteva a chi risultava vittorioso di partecipare alla Mitropa. Superato al terzo turno eliminatorio, il 24 dicembre i biancocrociati dell’AC. Parma sul suo terreno per 1-0, gli aquilani al tabellone dei sedicesimi sfidavano il giorno dell’Epifania 1937, a Milano nello stadio San Siro l’AS. Ambrosiana-Inter di Peppino Meazza e vengono applauditi dopo un epico 3-4 dimostrando di meritare simili categorie.
Pesava sul rendimento di campionato dei rossoblù, la disputa dei recuperi di partite durante la settimana, il tornante che doveva chiudere la strada della permanenza in cadetteria fu rappresentato dalla sfida interna con la ProVercelli dai sette scudetti. La vigilia, fu preceduta da particolari pressioni apparse sulla stampa piemontese in ordine alla designazione da parte della FIGC, della terna arbitrale per lo spareggio-salvezza; i bianchi sette volte scudettati vercellesi in balìa dei padroni di casa per lunghi tratti, ottenevano l’1-1 dopo che l’arbitro aveva negato quasi al novantesimo un goal regolare ai rossoblù che in ragione della esemplare civiltà del loro pubblico, reclamarono la ripetizione dell’incontro per evidente errore della giacchetta nera dal cui referto risultava la gara considerata chiusa tre minuti prima della sua normale conclusione.
A riproposizione negli anni Trenta, dei poteri forti nel calcio italiano, afferenti alla realtà pallonara sabauda, poco valsero quelle rivendicazioni probabilmente, perché prive dell’apporto dei suoi maggiorenti, volgendo la carriera di Adelchi Serena nella delicata fase di passaggio alle vette ministeriali e localmente un precipuo contesto di riferimento amministrativo al termine. In tentativo di abbandonare i marosi di classifica, notevole rammarico per lo strettissimo 1-1 fuori casa sugli atalantini dell’ex Barbieri il cui confronto con Kutik avrebbe, in futuro, avuto uno storico epilogo nel 1944: il riferimento, va al tricolore perso dal Grande FC. Torino guidato proprio dal tecnico magiaro a vantaggio della bianca formazione dei Vigili del Fuoco di La Spezia (ma non riconosciuto dalla FIGC.), di converso condotti dall’allenatore italiano, a denotazione tale aspetto di quanto l’AS. Aquila fosse stato un vero laboratorio della tattica calcistica italiana. Il finale di stagione rossoblù, vedeva a parte l’ennesimo 4-3 dato ai catanzaresi, fra le mura amiche il 5-1 esterno alle rondinelle in biancoblù del FC. Brescia e l’1-1 strappato ai baldi canarini del FC. Modena, il tutto, a sanzionare un esito impensabile, ad inizio stagione, quello dell’uscita del capoluogo abruzzese dalla cadetteria, posizionatosi terz’ultimo a ventiquattro punti, quattro sotto gli spareggianti AFC. Catania e AC. Venezia quest’ultima a prevalere, a pari merito con la USF. Catanzarese fallita finanziariamente e dieci sopra il fanalino US.Viareggio, mentre, con gli scaligeri come suaccennato noni e deludenti, in serie A sbarcarono livornesi ed atalantini bergamaschi solo per la cronaca di questa annata calcistica di cadetteria.
In quel torneo di serie B, va annotato che di tutte le piazze partecipanti, solo tre non militeranno mai e finora in Serie A: US. Viareggio, AS..L’Aquila e AC.La Spezia, sebbene, i bianconeri liguri possono esibire uno scudetto suaccennato nel 1944 ma non assegnato dalla FIGC., invece, sempre in questo ranking, l’unica squadra a trionfare in serie A è proprio l’AC.Hellas Verona nel 1985.
Il calcio aquilano, tornava in C a contemplare le sfide alle strapaesane regionali, in primis all’arrembante US.Pescara (si noti che un ex calciatore e tecnico veronese Giancarlo Cadè porterà i biancazzurri adriatici in serie A nel 1976-77) e dal sapore campanilistico. L’AS.L’Aquila (dal 1939 in recepimento di regio decreto) ebbe altri bagliori di notorietà nel discusso incontro di sedicesimi di Coppa Italia 1937-38 a Torino contro il FC.Juventus terminato 4-1 per i sabaudi e al termine della guerra mondiale per effetto di vittorie ai danni di compagini inglesi in tournée in Italia tipo il FC.Derby County. La prospettiva della serie B per la squadra del capoluogo abruzzese, si presenterà all’annata 1945-46, ma, il clamoroso ripescaggio svanì in extremis per un inopinato diniego della municipalità a dimostrazione che solo da una convinta collaborazione fra le sue istituzioni calcistiche e politiche, L’Aquila avrebbe potuto mantenersi in un contesto sportivo nazionale. Il ritorno in cadetteria dei rossoblù, sarà lungamente inseguito nei decenni a venire e fatti di ascese e cadute repentine, talora, per questioni extrasportive, ma, questo è un altro discorso, nell’auspicio di potere sfidare i gialloblù veronesi e gloriosi in palcoscenici calcistici prestigiosi per entrambi i sodalizi rappresentativi di città con un ruolo nella storia d’Italia.
Vale dire che il gemellaggio sportivo fra l’Adige e l’Aterno, non è solo, seppure pregnantemente calcistico. Infatti, ci sono collegamenti riferibili alla regina di tutte le discipline, l’atletica leggera, e, in ambito prettamente femminile, quindi, in una piega originale e di massimo livello del mondo agonistico nazionale.
In una L’Aquila alla mostra di settore del 1935 a Milano, fra le capitali sportive d’Italia, grazie agli avanguardistici impianti e contributo fecondo del rugby e dell’atletica, qui, ritroviamo degli altri motivi in argomento. Intanto, la pallaovale veronese in verdeblù del Cus., superando onorevolmente il nastro del mezzo secolo di vita nella regione pluriscudettata di questo sport britannico, ha sfidato L’Aquila Rugby 1936 nella serie A1 nazionale 2013-14, ovvero, la stagione che riportò in Eccellenza la squadra dai colori neroverdi: i confronti videro al catino del “Gavagnini-Nocini” di Via Montorio (al Vomano?) un apodittico 24-24 e alle pendici del Gran Sasso i padroni di casa prevalere per 23-17. In ordine all’atletica, vale il nome di Ondina Valla, felsinea di nascita, ma, aquilana di adozione dagli anni Quaranta (assieme al marito e direttore di clinica privata per sportivi, Guglielmo De Lucchi), la prima donna italiana medaglia d’oro alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 negli 80 metri ad ostacoli e che impreziosisce la sua carriera col primato del salto in alt nel 1937 ad 1,45 e titolo di primatista abruzzese del lancio del martello nel 1950. Il fatto è che per avere la seconda donna italiana sul più alto podio olimpico, bisogna aspettare, Mosca 1980, ovvero, la già primatista mondiale nel 1978 di salto in alto (2,01), Sara Simeoni da Rivoli Veronese, famosa per la battaglia napoleonica del 1797 e della più pura e nobile provincia veronese. (noterella storica, se consentita…, e che però dà altro spessore alle imprese delle due eroine sportive nazionali, perché in entrambi i casi, i giochi a cinque cerchi avvennero in paesi retti da regimi totalitari e che cadono drammaticamente e per circostanze epocali, a distanza di dieci anni da quelle rassegna iridate!).
Ritiratasi dall’attività agonistica, Ondina Valla svolse un ruolo nel promozionamento sociale dello sport nel capoluogo abruzzese, suo malgrado, dovette assurgere agli onori della cronaca nel 1978 perché vittima di un furto nella sua abitazione privata che le tolse la medaglia d’oro, ma, grazie agli sforzi del Panathlon aquilano e del segretario Coni., l’avezzanese Mario Pescante, nel 1984 alla vigilia dei Giochi di Los Angeles, il presidente della Fidal., Primo Nebiolo fece dono alla grande atleta di una riproduzione del prestigiosissimo cimelio olimpico. Alla scomparsa nell’ottobre 2006, di Ondina Valla, il riscontro localistico, al di là di una mostra della Carispaq., è mancato, se si pensa alle rassegne fotografiche e dibattiti della Bologna patria natale dell’atleta, in quanto intitolandosi dalla L’Aquila che accolse simile olimpionica, alla sua memoria la piscina comunale piuttosto che una delle rinnovate strutture di atletica.
C’è stato un incontro memorabile fra la Valla e la Simeoni, l’una e l’altra, nella Hall of Fame della loro disciplina, del resto, in tempi diversi primatisti di specialità ed insignite di massime onorificenze della stessa Repubblica italiana, proprio, all’atto del trionfo olimpico della veronese allenata dal marito Erminio Azzaro, e, ad occasionarlo”La Gazzetta dello Sport”
La campionessa veronese e donna simbolo dello sport nazionale al 100’del CONI., ha avuto modo di dare il suo apporto morale alla ricostruzione sociale e sportiva del capoluogo abruzzese post sisma del 2009, facendo da testimonials con campioni dello sport italico dal “signore degli anelli”Yuri Chechi al re del tennis Adriano Panatta, per le rassegne aquilane dei Giochi sportivi studenteschi, quindi, ha avuto modo di visitare costei i luoghi della città ospitante la sua precorritrice atleta olimpica.
Altro e recentissimo, spunto del connubio aquilano-veronese, giunge da una liaison calcistico-atletica, perché dal capoluogo abruzzese, ad inizio anni 2000, l’ex centometrista Gianni Lolli, amico di recordman mondiali negli anni’70, arriva all’AC. Chievo per farsi apprezzare come preparatore di squadre giovanili.
In conclusione, esistono motivazioni importanti in questo gemellaggio sportivo dai risvolti sociali, tra Verona e L’Aquila, da quello significativo del calcio, passando perfino in termini rugbystici, fino a quello relativo alla regina degli sport, ovvero, a due monarche dell’atletica leggera. L’auspicio è che in futuro possano consolidarsi tali ragioni di ideale collegamento sportivo delle due città, e, vada detto, specie, molto dovrà farsi dal versante aquilano che ha effettivamente indietreggiato nel calcio, ma, anche proprio da questo saliente motivo di rimembranza storico-sportiva può ricevere lo spunto per reincontrare i più grandi scaligeri gemelli nel mondo dello sport, quindi, della vita stessa che al fatto agonistico si accompagna sempre.