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Scritti sulle macerie. La forza della fragilità

5 marzo 2016 | 11:02
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Scritti sulle macerie. La forza della fragilità

“Sembra proprio che questa nostra strada/sia una specie di cammino al contrario…/ tracciata con una specie di inchiostro invisibile / sul retro del nostro calendario…”

Sul Corriere della sera del 2 marzo 2016 Gian Antonio Stella racconta un concerto che i giovani disabili  dell’orchestra  “Allegro moderato “hanno tenuto a Bolzano. Insieme a Franco Mussida storico fondatore della Premiata Forneria Marconi hanno riempito della loro fragilità la musica che hanno eseguita fino al punto che alla fine  sul palco, nell’aria del teatro, nella mente e nel cuore degli ascoltatori  c’era solo la musica. Franco Mussida  storico componente della Forneria, autore di pezzi musicali  che hanno fatto la colonna sonora  della vita di molti di noi , è impegnato da anni in attività di aiuto a chi è in difficoltà. Sul palco dell’auditorium  di Bolzano con Marco Sciammarella al pianoforte e Marco  Volpi a dirigere l’orchestra  ha eseguito un brano acustico  “Cammino al contrario” con i ragazzi dell’orchestra “Allegro moderato”.Sulla musica Mussida  ha adagiato parole che dicono :”Sembra proprio che questa nostra strada  / sia una specie di cammino al contrario …/ tracciata con una specie di inchiostro  invisibile / sul retro del nostro calendario…”

Ho riferito questo avvenimento che si può leggere integralmente sul link http://www.corriere.it/cronache/16_marzo_02/orchestra-disabili-allegromoderato-musicoterapia-a19704ee-dff3-11e5-86bb-b40835b4a5ca.shtml  perchè  mi sembra veramente emblematico rispetto alla recente storia della città di L’Aquila.   Perché come per  i ragazzi dell’orchestra Allegro moderato la fragilità e la particolarità del loro essere si è trasformata in forza così la fragilità di un territorio che il 6 aprile è stato devastato da un forte sisma  possa diventare la sua forza.

Una fragilità che parla con i numeri  che  Raniero Pizzi  riferisce su un post del suo diario di fb: ” Vittime 308+ 1 vigile del fuoco, feriti 1600. Sfollati 100.000, senzatetto 60.000 (in Umbria, 9.400). Chiese lesionate, “per la prima volta nella storia, tutte” (fonte B.M. Colasacco, mentre da sfollati si tornava a lavorare all’Aquila). Scuole inagibili, tutte, da Capestrano rimessa a posto per Settembre 2009 a Montereale, sostituita con un musp. Tendopoli 186, costo 100.000.000 di euro al mese (fonte corte dei conti). Abitazioni agibili zona est, nessuna (o quasi), zona ovest e periferie 20%, lavori A immediatamente dopo il sisma. Primo progetto case B, maggio 2009, chiusura lavori ultimo progetto case B (condominio philadelfia, pettino, 42 appartamenti, 119 ditte impegnate, primavera 2011. Primo progetto presentato case E, giugno 2009, fonte Google fusion tab su dati ufficio speciale. Primo cantiere E settembre 2009, stessa fonte. Abitazioni agibili nei centri storici di L’Aquila e frazioni e comuni a est, nessuna. Inizio lavori progetto CASE giugno 2009, censimento fabbisogno abitativi agosto 2009, consegna map Onna e prime piastre CASE a Bazzano e Cese, settembre 2009, chiusura ultima tendopoli, novembre 2009. Sfollati in albergo, da 30000 a scendere progressivamente, 8000 a febbraio 2010. Messa in sicurezza centro storico L’Aquila, 230mil di euro, conclusa 31 dicembre 2010. Spedi al momento 6.5mlrd di euro per ricostruzione, 3mlrd per emergenza. All’Aquila rientrata nella propria abitazione 60% popolazione. Map 2500 persone, nelle 4449 CASE 15000 residenti nel 2010, attualmente 11.000.

Fragilità e forza .Forza che viene dalla fragilità. E questo è forse il senso delle poesie che seguono scelte tra le molte che ho scritte in questi anni.

Lassù non ci sono voci

E il ritorno lassù tra le antiche

strade e i muri sbrecciati ,

i campanili silenziosi e le fontane mute

è come un filo d’Arianna

d’una vita. Quante vite . Dove

si gonfia qual mare di soglie povere,

usci vuoti ,gugliate  gugliate

di luce e sole  perdute

nei cortili e sui cornici

della mia città lassù.

Lassù non ci sono voci , non senti

“come va “,”prendi un caffè”,

“che cosa mi racconti “.

Senti solo pensieri come cumuli

di terra da riporto  e non c’è

più nessuno, sono tutti di passaggio .

Mentre sono qui è come guardare

il volto d’Iddio  caldo di speranza

con l’occhio  di una lungimirante

preghiera sulle labbra

e  poi cedere a poco  a poco al freddo.

E tornare ancora lassù

E tornare ancora lassù

tra i giorni dissipati , teneri

e pieni d’ombra tra il rosa

delle albe e quell’acceso

arancio  di tramonti di sole.

Tornare lassù, come a chiedere  perdono

per non essere  più capaci

di vedere l’immagine dei baci

il suono dei canti

il rumore dei sogni.

Varcare poi  appena appena

la porta delle chiese

che non hanno più soglia

per pronunciare una preghiera

come quelle delle devozioni della sera

quando scacci dal sonno

case grigie e volti di uomini

voci e parole, insonnia, il tempo

d’una giornata ormai passata.

Tornare lassù come un mesto

rituale senza vita

che la vita di qui è passata

ed è oggi  scomparsa.

In questa vecchia casa

non ci sono più vecchi

che cuciono il tempo

con i ricordi

e non ci sono bambini

che guardano dalle finestre  le rondini .

Ora c’è il peso della terra

della polvere , del cuore

che ha perso ogni carità

e non sa più dire

lassù , lassù sono  tornato

e ho  trovato le immagini

addormentate dell’amore

l’amore di chi

di qui passò e poi scomparve .

Io salivo nel silenzio

Io salivo nel silenzio

la costa pietrosa

e l’ombra delle case

pareva appannata

come un amore impari.

Poi nella grande piazza

alla sommità

un chiacchiericcio di sole

vendeva i propri meriti

ma portava sempre

il lutto

di tutta quella devastazione

attorno.

Io non ho ora più

il coraggio di ricercare

i luoghi delle scorrerie

d’estate  e delle passeggiate

dell’età matura.

E nemmeno più il coraggio

d’un amore senza limiti

che ti perde per la vita

e per la vita ti fa andare

alla deriva

tra memoria e desiderio.

Da lassù ora ho voglia

di andare via

e dico a bassa voce

– io ti lascerò -.

Passato ed avvenire si

lo so

ma ho salvo l’uso della parola

per poter dire sempre

che il dolore brucia sempre

tutti allo stesso modo

chi va e chi resta.