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Migranti in arrivo: la parola ai sindaci

8 marzo 2016 | 19:09
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Migranti in arrivo: la parola ai sindaci

Una petizione popolare e un consiglio comunale ad hoc fissato oggi alle 19 per chiedere che a Fossa non venga prevista la presenza dei migranti.

“Vorremmo far trasparire il pensiero dei residenti – dichiara il sindaco Antonio Gentile a IlCapoluogo.it.
“Il nostro paese non si vuol tirare indietro , non vuole far finta di nulla di fronte al problema, ma vuole ribadire che le proporzioni non sono accettabili”. (leggi intervista al sindaco Gentile)

In questi giorni non si parla d’altro. Sembra tornare a giugno 2015, quando a pochi chilometri da Fossa, un altro comune veniva “caricato di una responsabilità troppo grande rispetto alle potenzialità del posto” – così ribadisce Francesco D’amore, sindaco di Fagnano che la scorsa estate, appena eletto, si è trovato ad affrontare la problematica dell’accoglienza.

Come mai su Fagnano, in un secondo momento,  è stato fatto un passo indietro? “Forse perché tutto ciò che non si doveva fare è stato fatto nel caso Fagnano. Si è tenuto conto del plesso, una struttura ampia e ben tenuta,  ma non del contorno” – dichiara il sindaco a IlCapolugo.it. 

“I migranti devono essere accolti per bene. Non siamo una ‘piccola Lombardia’ come qualcuno ci ha etichettati. Si tratta di essere razionali: qui, ci sono case da ricostruire. Con i 50 migranti si sarebbe creato un ghetto e un’integrazione al contrario visto che i residenti relegati nei map sono appena 30”.

Un altro caso è quello di Barisciano, che mostra un’altra faccia della medaglia. Ci sono 10 migranti in un paese di 1855 anime. C’è la cooperativa Arischia Accoglie che si è occupata della prima fase dell’inserimento. “Non so chi siano questi migranti – dichiara il sindaco Francesco Di Paolo. “Ho ricevuto una telefonata dalla Prefettura che mi avvisava del loro arrivo. Non c’è alcun tipo di organizzazione: la mattina incontro questi ragazzi che prendono l’autobus e vanno in città. Non c’è alcun tipo di integrazione”.

Ce lo confermano i residenti del posto. Alcuni ancora ignorano che il loro paese ospiti una decina di immigrati: “Fino a qualche giorno fa non sapevo nemmeno ci fossero. Il paese per loro è come  un quartiere dormitorio. Vivono in un’abitazione che un privato ha messo a disposizione, ma in giro non si vedono mai” – afferma una residente.

Intanto dal Partito Democratico arriva la proposta per governare il sistema di accoglienza: si tratta di mettere in moto un processo di cui sarà capofila il Comune dell’Aquila che attraverso il coordinamento della Regione darà la possibilità e l’incentivazione ai Comuni  per attivare centri di accoglienza aderenti alle rete SPRAR, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati.

Cosa diversa dai centri di accoglienza straordinaria dove non esiste un progetto. Interviene direttamente la Prefettura attraverso un bando per cooperativa che lascia fuori i Comuni da questo sistema. In questo modo  passa in secondo piano la qualità della vita sia di chi arriva, ma anche di chi ospita.

IlCapoluogo.it ha intervistato sul caso migranti anche il consigliere al comune dell’Aquila Alì Salem, Referente del Sindaco per i rapporti con i Paesi del Mediterraneo, che afferma: “Non è è possibile accogliere molta gente. Il cratere sarebbe dovuto restare fuori dall’accoglienza. Non abbiamo possibilità di offrire nulla. Bisogna fare una distinzione tra chi scappa dalla guerra e chi viene a cercare lavoro. Per i primi porte aperte, ma a tempo determinato. Dopo l’accoglienza iniziale ne deve seguire un’altra, quella dell’integrazione dal punto di vista lavorativo. Ma non è possibile qui”.

“E’ necessaria una legge, altrimenti ci sarà solo il bussiness dei privati, nessun vantaggio per l’immigrato” – continua Salem.

Come vede l’integrazione qui all’Aquila? “Quando si dice di destinare una parte degli alloggi del progetto case agli immigrati penso che si vada verso la costituzione di ghetti. C’è molta ipocrisia e si abusa della parola integrazione.  Nei fatti la politica che fa? E i cittadini? E gli stessi immigrati? Non c’è uno strumento vero che aiuti l’integrazione”