
di Valter Marcone
Mangiamo ci avveleniamo moriamo sempre più tardi e ci incazziamo pure.
Siamo diventati proprio strani.
Io per primo che sono pure ipocondriaco.
Bene.
Che ciascuna parola porti poi quello che dice. Voglio esattezze
raccapriccianti.
Come si fa a sostenere il peso delle parole dimmi tu, tu che sei,
in definitiva la mia menzogna.
Ma è l’amore dell’Io, che fa nascere i ciliegi… le montagne. Le case.
Le strade, meno. Perchè
sulla strada ho perso le gambe del mio io e ho
inseguito le parole ,quelle d’un lungo, lungo viaggio, spergiuro sulla mia infanzia scrivo .
Come rami contro il cielo entrai in loro e quelle si
erano parole .Vieni a fermarti con me per un po’. Come il silenzio su ogni parola .
Vorrei che il mio corpo non somigliasse alle parole,
un coagulo di terra che abbraccia il mare,fosse ,così che la voce
a te dovuta potesse ancora parlare.
Parlami ancora della caducità della bellezza e della fuggevole presenza delle cose.
Quanto ti cerco ancora ora che te ne sei andata anche tu,
passo leggero, abito feriale,io cerco in sostanza
le parole quelle che come il cibo mangiamo che ci avvelenano
che ci fanno vivere o morire prima del tempo. Per quelle parole
orsù perdoniamoci le stranezze e le cupezze e le freddezze ipocondriaci
come siamo in attesa di un risanamento che chissà per quanto
tempo non ci fa ancora morire anche se non è detto che ci faccia vivere .Bene.