Stefano, quando lo sport è una svolta di vita

Anche Stefano Titani, atleta che nello sport e nell’opportunità di partecipare alle manifestazioni sportive ha trovato una vera e propria ragione di vita, parteciperà alle finali dello Special Basket, organizzate da Special Olympics Games per domani a L’Aquila. In occasione dell’evento, vi raccontiamo la sua storia. E’ indubbio che l’attività sportiva favorisca una serie di processi che, in parte, determinano lo stato di salute psicofisica di una persona; è anche vero che per molte altre può arrivare, in modo radicale, a rappresentare una vera e propria svolta di vita; un volano che apre al mondo, alla società ed alle relazioni, allontanando l’isolamento e la sedentarietà. Questo, è il caso di Stefano, 22enne aquilano.
L’infanzia
Il papà Alfredo e la mamma Antonella lo hanno adottato quando aveva poco più di un anno, strappandolo alla dura realtà di un orfanotrofio in Romania, nei dintorni di Bucarest. Lo accolgono con gioia nella loro casa, sognando per lui un futuro fatto di soddisfazioni ed opportunità. Solare ed esuberante, Stefano, durante le elementari, inizia a mostrare sintomi di iperattività: “Non conoscendo i genitori naturali – racconta il papà – associammo alcune sue manifestazioni ad una componente genetica; durante gli incontri con la pediatra, poi, non si era mai fatto riferimento ad alcun tipo di difficoltà che potesse essere oggetto di forte preoccupazione”.
Con il crescere i segnali diventano più evidenti; quando il ragazzo frequenta la scuola media, i professori si notano che il giovane è iperattivo e che l’apprendimento non avviene in modo adeguato; viene richiesto un assistente di sostegno e una diagnosi di una commissione medica, da cui si evince un disturbo della personalità. “Mio figlio Stefano – prosegue il papà – è autistico ad alto funzionamento e l’evidenza maggiore della sua disabilità intellettiva è caratterizzata da un’eccessiva loquacità, tono alto della voce, continua ricerca di volti conosciuti per fare un saluto, tentativi di dialogo con i presenti e spesso, pur di parlare, argomenta fuori contesto; azioni, queste, che esplica sempre con il sorriso e con una grande simpatia”.
Le difficoltà
L’autismo ha diverse forme e in alcuni ragazzi, a differenza di Stefano, porta ad essere più taciturni, solitari; purtroppo ancora oggi, in ogni sua sfumatura, conduce spesso tutti all’emarginazione e all’esclusione:
“Episodi, che più di altri – continua il papà – testimoniano la difficoltà per Stefano di sentirsi integrato, sono quelli vissuti in ambito scolastico. Già nel corso del primo anno di Istituto, quando lo accompagnavo a scuola in macchina, si dirigeva subito, con il suo solito sorriso e quella camminata leggermente oscillante, verso i capannelli di ragazzi in attesa di entrare in aula, per parlare con loro; osservando gli studenti da lontano, notavo veloci scambi di sguardi e piccoli sorrisetti ironici. L’avvicinarsi di Stefano procurava ilarità al gruppo, come a dire: eccolo che arriva! Ovviamente l’ingenuo Stefano non si accorgeva di nulla. Le prime volte ebbi reazioni di sconforto e di rabbia; in seguito, per almeno un paio di volte, ho atteso che Stefano si allontanasse, ho preso coraggio ed ho raggiunto il gruppo; mi sono presentato ed ho spiegato che Stefano voleva solo essere loro amico, cercava il dialogo per socializzare e che quello era il suo unico modo di comunicare. Stefano non veniva invitato mai ai compleanni di “normodotati”, mai una telefonata; questo, se hai un figlio che è cosciente della sua condizione, per un genitore è l’aspetto più penoso”.
Il coraggio
L’incontro con lo sport, in una dimensione adatta alle sue esigenze e necessità, e il dolore, la rabbia, la solitudine si trasformano in coraggio, fiducia, forza ed impegno. E’ stato lui stesso, con quella sua “incompresa” curiosità di esplorare il mondo, ad avvicinarsi agli Atleti di un Team Special Olympics dell’Aquila “Atleticamente insieme” durante una manifestazione di atletica sul campo cittadino di Murata Gigotti, in occasione di una staffetta unificata dove a gareggiare insieme c’erano atleti con e senza disabilità intellettiva. Sono passati due anni, Stefano è diventato parte integrante di un gruppo; ha iniziato con l’atletica, poi la pallacanestro e sperimentato bowling ed equitazione. Durante la stagione invernale corre anche con le racchette da neve. “Stefano – afferma il papà – non aveva interessi, nessuna passione; si svegliava la mattina per chiedersi cosa fare della sua giornata. Prima di allora non aveva mai fatto sport, avevo provato a coinvolgerlo, ma come biasimarlo; gli input e gli stimoli nel farlo insieme ad altri ragazzi e non solo con me è un’altra cosa, per lui è vita. A scuola era messo da parte, oggi si sente a suo agio; in un ambiente, non solo di persone con disabilità intellettiva come lui, in grado di accoglierlo senza alcun giudizio. Lo stesso discorso vale anche per noi familiari; vivere gli eventi Special Olympics, Giochi Nazionali, Regionali o Interregionali che siano, ci permette di sentirci a nostro agio in una società ancora non pienamente pronta ad accettare il “diverso”, e così il vocione grosso che è una sua caratteristica non diventa per noi genitori un motivo di preoccupazione perché di disturbo nei confronti di altri; lui è così, siamo noi che dobbiamo adattarci a lui”.
La crescita
Attraverso lo sport, Stefano è migliorato nel coordinamento motorio, ha acquisito autostima, consapevolezze, ha conosciuto amici con i quali si frequenta anche in attività extra sportive. Facendo atletica ha imparato a correre, con la pallacanestro ha conosciuto la condivisione, il rispetto delle regole e il saper attendere il suo momento, con l’equitazione ha rafforzato l’equilibrio e attraverso gli sport invernali ha imparato a gestire l’organizzazione dell’attrezzatura.
“Vederlo felice ed impegnato – conclude il papà – è una gioia immensa. Spesso mi capita di notare genitori, nella nostra stessa situazione, vedere i propri figli con occhi spenti; una sorta di partecipazione passiva. Non mi permetto di giudicare, ognuno reagisce a modo proprio, ma spesso il primo ostacolo alle difficoltà è rappresentato proprio da noi genitori. Abbiamo un dovere nei loro confronti e siamo noi a dover dare l’esempio per lasciare ai nostri figli un mondo migliore; dove ci sia inclusione e non si debba combattere per meritare rispetto e dignità”.