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San Bernardino e il miracolo a Sella di Corno

12 maggio 2016 | 13:06
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San Bernardino e il miracolo a Sella di Corno

di Floro Panti

“Eamus , fratres, ad Aquilam, ad Aquilam, ad Aquilam, ad Aquilam missus sum!”

Il 20 di maggio è la ricorrenza della morte di S. Bernardino da Siena avvenuta nella nostra Città. Probabilmente molti non conoscono la storia di questo ultimo viaggio terreno del Santo e soprattutto non sanno che a Sella di Corno c’è una chiesetta e una fonte eretta nel luogo dove avvenne un evento miracoloso.

La storia

Sono tre le volte in cui S. Bernardino ebbe modo di essere presente a L’Aquila. La prima nel 1433; la seconda nel 1438 dove predicò nei 12 giorni antecedenti la festa dell’Assunta, sul piazzale della Basilica di Collemaggio e dove, in uno di questi giorni, al termine di una predica sulla Madonna, il numeroso popolo presente ebbe modo di vedere, a mezzogiorno, una stella luminosissima posarsi sulla testa del Santo; e l’ultimo quello che lo vide morire nella nostra Città del 1444. Ed è proprio di quest’ultimo viaggio che di seguito descriviamo sinteticamente.

Il 21 aprile 1444 – lunedì dopo la Domenica in Albis, Bernardino diede l’addio ai suoi concittadini di Massa Marittima e si diresse verso Siena. Qui soggiornò alcuni giorni ospite dei suoi confratelli, tenendo delle prediche tra il Duomo e l’Ospedale della Scala. Vista la già cagionevole salute i frati non volevano lasciarlo ripartire, ma a tutti ripeteva:

“ Eamus , fratres, ad Aquilam, Ad Aquilam, ad Aquilam, ad Aquilam missus sum!”

Il 29 aprile, durante la notte, per evitare manifestazioni popolari e pianti di devoti, lasciò Siena accompagnato dai PP. Bartolomeo Mariani, Pietro Caturnino, Domenico Guidocci e dal fratello laico Fra Felice da Milano, nel nome di Dio e coll’aiuto di un asinello.

Il 30 aprile fecero tappa a Asciano (25 km da Siena) dove ripartirono all’aurora.

Il 1 maggio sera, arrivarono al lago Trasimeno dove nel convento di S. Francesco si incontrarono con Fra Giacomo della Marca. Bernardino si trattenne fino al giorno 3 maggio e proprio in questa data che cadeva di domenica, predicò alla folla.

Il 4 maggio giunsero a Perugia, in questa Città tenne a battesimo un pulpito di marmo che il popolo aveva fatto costruire nella chiesa di S. Francesco a Monte. Bernardino vi salì, ma non ebbe la forza di parlare. Ai perugini che insistevano affinché rimanesse in Città rispondeva:“Non possum. Ad Aquilam, ad Aquilam, ad Aquilam missus sum”.

Il 5 e 6 maggio si fermò a S. Maria degli Angeli di Assisi.

Il 7 maggio erano a Foligno.

L’8-9-10 maggio erano a Spoleto, dove Bernardino guarì molti malati col segno della croce.

L’11 maggio benché le sue condizioni fisiche fossero diventate sempre più precarie, Bernardino partì da Spoleto.

Il 12 maggio predicò a Piediluco.

Il 13 e 14 maggio era a Rieti accolto dal popolo e dalle autorità che lo accompagnarono al convento di S. Francesco.

Benché i confratelli avessero preparato una mensa in suo onore, si accontentò di mangiare solo un po’ di pane e acqua.

Il 15 maggio giunse a Cittaducale. Qui tenne l’ultima vera predica

(Cittaducale era all’epoca possedimento dell’Aquila, ancora oggi una lapide posta nella piazza principale testimonia questo evento. Accanto sorge il Palazzo di Margherita d’Austria). Terminò raccomandandosi alle preghiere di tutti per ottenere una felice morte. Tutti piansero per la commozione. Le residue forze ormai scemavano, la febbre aumentò e con questa anche i deliqui.

Il 16 maggio- venerdì – transitarono da Antrodoco proseguendo , anche se, come scrivono i cronisti faceva un caldo torrido “ calla rea”, per giungere a Sella di Corno. Il piccolo corteo giunse a Sella di Corno. L’Aquila era ormai vicina, ma Bernardino arso da febbre altissima, chiedeva acqua. I confratelli non sapevano che fare, Bernardino steso sull’erba a riprendere fiato, mosse la mano scheletrica ed indicò un punto. Fu Fra Bartolomeo che accorrendo, trovò uno zampillo che scaturiva miracolosamente dal suolo. Questo zampillo si tramutò in fonte: chiamata ancor oggi “fontana di S. Bernardino” .

san bernardino a sella di corno

Era la notte del 16 Maggio( quasi 150 anni prima, il 19 maggio 1296, moriva a Fumone S. Pietro Celestino) e mentre Bernardino stava dissetandosi, i suoi occhi infuocati dalla febbre e quelli dei suoi confratelli videro proprio la figura di S. Pietro Celestino stagliarsi nei pressi della fonte. L’eremita del Morrone, lacero ma in un alone argentato, si avvicinò a Bernardino. Questi si levò dal suo letto d’erba. Si abbracciarono.“ Tu sarai , con me , il Protettore de l’Aquila – gli predisse l’eremita”. Fu un abbraccio lungo, serrato . Due comunioni di spirito. Due vite ugualmente spese per la divinazione delle genti e di se stessi. Ad un certo momento la visione si dissolse. S. Pietro Celestino tornò immateriale e Bernardino si ritrovò con le mani tese nel vuoto. Ma il pianto- così disperatamente compresso nell’anima- adesso era scomparso: come se si fosse già tutto consumato, nella stretta convulsa di quell’abbraccio. Ora Bernardino aveva realmente quel po’ di forza sufficiente per affrontare gli ultimi chilometri che lo separavano dall’Aquila. Passò la nottata sveglio. Al mattino del 17 maggio Bernardino non si reggeva più in piedi e la comitiva dovette decidere di portarlo in Città, nel convento di S. Francesco in piazza Palazzo, per le necessarie cure mediche, anziché nel convento solitario di S. Giuliano. Bernardino era agli estremi e furono dei robusti montanari di Sella di Corno e Vigliano che lo deposero e lo trasportarono da quel momento in una lettiga. Passarono da Sassa, Genzano e senza indugiare passarono il torrente Raio sul ponte detto Peschio, raggiunsero Pile, giungendo quindi alle porte dell’Aquila nei pressi dell’attuale stazione ferroviaria. Costeggiando le mura entrarono nella Porta Barete. Era Domenica 17 Maggio 1444, domenica antecedente l’Ascensione. La notizia dell’arrivo nel pomeriggio mosse tutta la città. Tanta la folla sulla strada chiamata oggi via Roma, fino al convento di S. Francesco. Il 18 e 19 maggio Bernardino peggiorò di ora in ora. Restò paralizzato per metà corpo. Alle 10 di notte del 19 maggio chiese e ricevette gli ultimi sacramenti e esortò i frati all’osservanza della Regola. Il 20 maggio 1444 – mercoledì- vigilia dell’Ascensione, venuta l’ora nona, non potendo più parlare fece capire a gesti di voler morire sulla nuda terra, poi alzando gli occhi al cielo sorrise ancora e spirò. I confratelli lavarono il corpo benedetto , lo rivestirono d’una nuova tonaca, lo posero in una cassa di legno impeciata e lo coprirono con ruvida tela, pronta per essere trasportata a Siena. Il trafugamento non riuscì, giacchè autorità e popolo, venuti a conoscenza della cosa, accorsero in massa, fecero irruzione, pretesero che fosse schiodata la bara ed il corpo esposto pubblicamente in chiesa. Nel pomeriggio del giorno dopo , 21 Maggio 1444 giovedì, festa dell’Ascensione, il vescovo della Città Amico Agnifili con tutto il clero, tenne le prime esequie nella chiesa conventuale che non potè contenere l’immensa folla. Il giorno seguente Venerdì 22 Maggio mattina, la salma fu trasportata nel Duomo di S. Massimo, con un solennissimo mesto corteo. Fu un’apoteosi. Il popolo, chiuse case e botteghe, si riversò sul percorso, mentre le campane suonavano ininterrottamente, compresa quella del Comune. Terminati i funerali, la salma fu ricondotta nello stesso ordine e solennità nella chiesa di S. Francesco. La salma non fu tumulata ma venne deposta in una cappella e custodita giorno e notte da guardie in attesa che fosse allestita un’arca di ferro, in cui rinchiuderla definitivamente. Il corpo del santo rimase insepolto per 25 giorni poi il corpo benedetto fu collocato nella prima cappella a destra della Chiesa di Francesco, custodita e vegliata dai frati dell’Osservanza di S. Giuliano.

Il 24 maggio 1450 Papa Nicola V lo canonizzò. La Città dell’ Aquila lo proclamò quarto Compatrono e così fece Siena.