David Le Breton all’Università: camminare mette in moto il pensiero

di Andrea Giallonardo
Mi sono già imbattuto nella tematica del cammino lo scorso 27 agosto in occasione del secondo Forum Delle Città Celestiniane, allora si parlò dei cammini del Perdono; lunedì 9 maggio il tema è stato affrontato dal noto antropologo francese David Le Breton giunto a L’Aquila su invito del nostro Ateneo. L’incontro si è svolto presso l’aula magna del Dipartimento di Scienze Umane, a dare il benvenuto al professor Le Breton sono stati la rettrice Paola Inverardi, il responsabile delle attività culturali del polo umanistico, professor Simone Gozzano, Luigi Gaffuri, docente di antropologia culturale, l’assessore alle politiche sociali del comune, Emanuela Di Giovambattista e Gaetano Falcone, presidente regionale del CAI.
I saluti sono stati brevi per lasciare più spazio possibile all’intervento del professor Le Breton che ha scelto di parlare in italiano per via del rispetto che nutre per la nostra cultura, nella sua formazione infatti sono stati importanti non solo i grandi classici della letteratura francese ma anche le pietre miliari di quella italiana, da Manzoni a Montale. Il nostro corpo, ha esordito Le Breton, è soggetto ad una complessa ricezione ed elaborazione di informazioni durante l’intero arco della sua vita biologica; a tale proposito si potrebbe parafrasare Cartesio affermando che ognuno di noi è poiché sente. A maggior ragione nel momento in cui si intraprende un cammino gli organi di senso vengono stimolati in una misura del tutto nuova rispetto a quanto accade nella vita quotidiana. Oggigiorno percorrere il mondo a piedi può essere vista come una follia o quantomeno una stranezza eppure è ciò che abbiamo fatto per migliaia di anni, è ovvio che la tecnologia ormai fa parte di noi ed è fondamentale per la nostra vita attuale ciononostante non dobbiamo cadere nell’errore di considerare la fenomenologia del cammino come superata e priva di senso. Occorre invece reinterpretare questa tematica proprio alla luce delle caratteristiche della società moderna. Noi ci relazioniamo al nostro ambiente in maniera affettiva, lo sa bene chi nella vita ha intrapreso un cammino poiché l’inizio di un viaggio, di qualsiasi tipo esso sia, presuppone un distacco. Il distacco non è quasi mai piacevole, noi aquilani lo sappiamo meglio di chiunque altro avendo perduto il nostro microcosmo in maniera forzata e brutale. Viene da pensare, e tanto; camminare lungo il Corso o sotto i portici, nelle ore del tardo pomeriggio magari dopo aver studiato o lavorato, era a tutti gli effetti un elemento identitario della nostra comunità. Chi oggi decide di trascorrere qualche ora passeggiando per le vie del centro storico lo fa tra strade dissestate e nubi di polveri di ogni tipo. Il cammino ha svolto un ruolo decisivo nel definire il nostro paradigma culturale, dall’epopea della transumanza ai cammini del Perdono in onore di Celestino V.
Quando inizia un viaggio a piedi, ha continuato Le Breton, ognuno di noi torna indietro di secoli attraverso una progressiva riscoperta dei valori su cui la società umana ha edificato sé stessa. Superare i propri ( presunti ) limiti, incontrare persone diverse, far lavorare la mente e relazionarsi con l’ambiente sono esperienze che fatichiamo a vivere nel mondo del cemento e dei motori. L’uomo moderno è caratterizzato da una certa presunzione, un senso di onnipotenza nato da una vita vissuta in simbiosi con le macchine anche se più che di simbiosi, che si ha tra due esseri viventi, forse dovremmo parlare di dipendenza. Proviamo ad uscire di casa privi di un mezzo di locomozione, fin dove riusciremmo ad arrivare? Quanto grande sarebbe la nostra autonomia spaziale? Nelle ore di punta, immersi in una cacofonia di claxon e motori ( si, anche il valore del silenzio è venuto meno ) di certo non abbiamo occasione di incontrare un conoscente, di sorridergli e parlargli; la stessa riflessione ci è quasi proibita da uno stress costante e corrosivo. Per non parlare della fruizione del nostro ambiente naturale, non dello spazio urbano ma della nostra terra, dei monti e dei boschi che per secoli hanno fatto da cornice alla vita dei nostri antenati. Chi cammina si riappropria del tempo in una società della fretta dove il ticchettio dell’orologio definisce persino i nostri tempi biologici, chi cammina ha consapevolezza del valore dell’amicizia e della solidarietà; può sembrare retorica ma non lo è affatto. Il cammino mette di fronte a vere epifanie che ci fanno sentire in unione con Madre Natura, ci ricordano che siamo parte integrante del mondo in cui viviamo. La vicenda umana di un suo amico ha fornito a David Le Breton un esempio di come l’esperienza di un cammino possa diventare l’occasione di una vera e propria resilienza. Costui aveva perduto la moglie ed era sul punto di togliersi la vita, decise di intraprendere il Cammino di Santiago e, giorno dopo giorno, riscoprì il valore della propria esistenza. A questo proposito ho ripensato a due film sull’argomento: Il Cammino Per Santiago, uscito nel 2010, e Wild, uscito nel 2014 ed interpretato dalla celebre attrice americana Reese Witherspoon.
In Francia, ha poi raccontato Le Breton, si consente ai giovani colpevoli di piccoli reati di scegliere tra l’andare in prigione oppure percorrere un cammino; chi sceglie la seconda opzione spesso torna a casa cambiato e con maggiori possibilità di non commettere gli errori passati. Ciò perché non è certo consentito loro di camminare con gli auricolari, il camminatore ha come compagno innanzitutto sé stesso; questo è un passaggio importante in quanto solo facendo i conti con noi stessi siamo in grado, dopo, di porci in maniera positiva nei confronti degli altri. Il professor Le Breton ha chiuso il suo intervento con un proverbio del Kenya : Se vuoi arrivare primo corri da solo, se vuoi andare lontano cammina insieme.