Casa dello Studente, spunta la solidarietà ai condannati

17 maggio 2016 | 12:29
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Casa dello Studente, spunta la solidarietà ai condannati

” Ci sarebbe piaciuto poter contare sulla solidarietà e lo sdegno dei cittadini abruzzesi, e non solo, quando nella notte del 6 aprile 2009 le nostre vite sono rimaste sepolte sotto le macerie della Casa dello Studente insieme ai nostri ragazzi. Era lì che doveva esplodere l’indignazione popolare perché non è accettabile che crolli uno studentato, una scuola, un asilo. E se ciò accade significa che viviamo in un paese che non ama i propri figli. ” lo scrive Antonietta Centofanti, presidente del Comitato Vittime della Casa dello Studente, in merito alle notizie riportanti attestati di solidarietà ai condannati per il crollo della Casa dello Studente. “Noi proseguiremo la nostra battaglia per la giustizia e chiederemo che si vadano ad accertare ulteriori responsabilità anche istituzionali. Se dovremo farlo in solitudine lo faremo, lasciando alla “pancia” degli altri tutto il resto.”

“La sentenza della Cassazione sul crollo della Casa dello Studente stabilisce delle responsabilità penali che per definizione sono personali.” si legge nella nota. “Oggi sappiamo che gli otto ragazzi deceduti sotto le macerie potevano salvarsi se qualcuno fosse stato più attento, se non ci fosse stata la colpevole ignoranza sullo stato preesistente dell’edificio: non si trattava, infatti di debolezze intrinseche che solo la “prova” del terremoto avrebbe potuto evidenziare. Si trattava invero di debolezze evidentissime e agevolmente verificabili nell’anno 1999 all’epoca della progettazione e dell’esecuzione dei lavori di “ridistribuzione interna delle camere”, se solo gli imputati avessero osservato il dettato normativo e avessero avuto voglia di guardare il progetto originario dell’edificio. Sul punto nulla è più grave ed efficace delle parole pronunciate dal perito Mulas. Ecco cosa disse il perito in aula durante una delle ultime udienze di questo processo: «Quello che qui stringe davvero il cuore è che bastava aprire la prima pagina della relazione dell’ingegner Botta per vedere che mancavano le forze orizzontali. Bastava leggere la prima pagina. Cioè bastava aprire il progetto. Non bisognava fare conti, non bisognava fare nulla, bisognava leggere il progetto, leggere la prima pagina del progetto e oggi non saremmo qui a piangere otto ragazzi». Per questa “disattenzione” che ha spazzato via i progetti, i sogni, il futuro di otto giovanissime vite, sono stati condannati in via definitiva gli ingegneri Pietro Centofanti, Berardino Pace, Tancredi Rossicone e l’architetto Pietro Sebastiani, imputati per omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni. A queste conclusioni si è arrivati attraverso tre gradi di giudizio. Non sulla base di spinte mediatiche o appelli alla pancia, come si legge nel citato articolo. Ci sarebbe piaciuto poter contare sulla solidarietà e lo sdegno dei cittadini abruzzesi, e non solo, quando nella notte del 6 aprile 2009 le nostre vite sono rimaste sepolte sotto le macerie della Casa dello Studente insieme ai nostri ragazzi. Era lì che doveva esplodere l’indignazione popolare perché non è accettabile che crolli uno studentato, una scuola, un asilo. E se ciò accade significa che viviamo in un paese che non ama i propri figli. Noi proseguiremo la nostra battaglia per la giustizia e chiederemo che si vadano ad accertare ulteriori responsabilità anche istituzionali. Se dovremo farlo in solitudine lo faremo, lasciando alla “pancia” degli altri tutto il resto” conclude.