‘Lo stato delle cose’, 40 obiettivi inquadrano L’Aquila

“Oggi che l’eco dell’attenzione mediatica si è ridimensionata, come è fisiologicamente inevitabile, vogliamo testimoniare le trasformazioni che interessano un territorio dalla natura così complessa” ci spiega Antonio Di Giacomo, giornalista e ideatore dell’iniziativa, che incontriamo ai Quattro Cantoni. “In questa fase il territorio è potenzialmente più fragile perché ha meno attenzioni rispetto ai mesi immediatamente successivi al terremoto. Il nostro gruppo vuole mettere la fotografia a servizio della comunità”.
“Esiste sì una città interessata dai cantieri per la ricostruzione, e questa realtà è tangibile nel centro storico, ma allo stesso tempo esiste un’altra città, a pochi metri da questa in cui si lavora, dove il tempo si è fermato e dove la ricostruzione non è arrivata”.
Ecco allora che da ieri l’esercito di fotografi è a spasso per le strade dell’Aquila, con lo spirito di dar vita ad una narrazione plurale e onesta che restituisca non uno ma più racconti di cosa è questo territorio oggi.

Lina Calandra, responsabile del laboratorio di cartografia Cartolab dell’università dell’Aquila, ha tenuto questa mattina un seminario condiviso con studenti e docenti del corso magistrale in geografia dell’università degli studi di Bologna sul sisma del 6 aprile 2009 e le sue conseguenze sul territorio a cui hanno preso parte i fotografi; è seguita una visita guidata nel centro storico, mentre nel pomeriggio i partecipanti si sono spostati nella new town di Cese di Preturo (in foto), ben nota per il crollo dei balconi e per il sequestro delle piastre.
“Credo che l’effetto del sisma sul territorio abbia anche qualcosa che sconfina nell’imponderabile rispetto a quelle che potranno essere le conseguenze nel tempo” continua Di Giacomo. “Non basta solo ricostruire per far sì che la vita torni alla normalità”.
“Oggi L’Aquila è una città operaia di giorno, mentre al calare del sole si trasforma in una città da locali notturni. Rispetto a quattro anni fa, comunque, quando venni per la prima volta, è cambiata. E’ importante che il centro storico sia recuperato perché in luoghi come piazza Duomo dove il cantiere della cattedrale non è ancora partito ma è in dirittura d’arrivo, i cittadini devono riappropriarsi della loro identità proprio a partire da luoghi simbolici come questi”.
“E a riappropriarsi dell’identita – conclude – saranno gli aquilani che hanno un senso del prima e che potranno avere un senso del dopo. Non potranno farlo invece moltissimi giovani, per i quali qualcosa come il Duomo o Corso Vittorio Emanuele sono solo ricordi d’infanzia. Per quanto il centro, cuore della città, possa essere ricostruito seguendo la filosofia del com’era, dov’era, quella che si presenterà a ricostruzione avvenuta sarà inevitabilmente una città nuova”.