Immigrazione: non basta commuoversi


Sui temi dell’immigrazione non basta commuoversi, bisogna muoversi. È il messaggio lanciato da Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, sacerdote che dedica la sua vita in difesa dei più poveri e per combattere mafie, e Carlo Petrini, Presidente di Slow Food, dal palco di Piazza Duomo all’Aquila, in occasione dell’inaugurazione del Festival della Partecipazione, promosso da ActionAid Italia, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia, insieme al Comune dell’Aquila.
Parole toccanti che hanno fatto riflettere il pubblico, soprattutto quando Don Ciotti dedica un pensiero a chi ha messo la propria vita e quella dei propri figli su barconi mai arrivati a destinazione. “Ho parlato con i sommozzatori di Lampedusa – ricorda le terribili testimonianze: “Quando sono andati a recuperare i corpi annegati hanno trovato mamme abbracciate ai loro figli. L’abbraccio oltre la morte. ‘Avrei voluto lasciare in fondo al mare quei corpi per non spezzare quell’abbraccio’. Ecco con questo voglio dire che partecipazione è azione, non restiamo fermi!”.
“L’omicidio di Emmanuel – ha detto Don Ciotti – è il segno di un deserto culturale diffuso, di una crescente negazione della dignità delle persone nel nostro Paese. C’è una violenza che cova nei linguaggi, un naufragio delle coscienze. Non basta condannare la violenza, occorre bonificare le paludi dell’indifferenza e dell’egoismo che rendono possibile tutto questo”. Secondo Don Ciotti, “serve una grande rivoluzione culturale per affrontare un tema come quello dell’emigrazione. Quanto accaduto ci pone domande ed interrogativi su quello che sta succedendo in un’Europa che sta calpestando le sue radici”.
Anche per Carlo Petrini la cultura è fondamentale per affrontare il tema delle migrazioni. “L’esodo importante cui assistiamo è destinato ad aumentare. Per questo il nostro popolo deve ricordare quando erano i nostri nonni a partire. La scuola deve dire chi siamo stati, cosa abbiamo fatto, raccontare della gente umile che lasciava le sue terre. Questo è il nostro Paese”. Lo stesso Paese in cui, ha sottolineato Petrini, “oggi gli immigrati tengono in piedi più della metà del Made in Italy alimentare. “Il Barolo lo fanno i macedoni, il Parmigiano Reggiano lo fanno gli indiani, la Fontina della Valle d’Aosta la fanno i magrebini e così via… Sono o non sono nostri fratelli e contadini italiani?”. (FM)
