Ospedale, braccio di ferro con il Gran Sasso di mezzo

27 luglio 2016 | 18:47
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Ospedale, braccio di ferro con il Gran Sasso di mezzo

di Eleonora Falci

Archiviato l’ultimo consiglio regionale di luglio con una palpabile tensione nella maggioranza, arrivata sul filo del rasoio ad approvare i punti all’ordine del giorno fra mal di pancia e spintoni delle varie correnti (D’Alfonso manca, la maggioranza sbanda), la sanità resta ancora il nodo inestricabile di questa estate abruzzese.

Inestricabile effettivamente fino ad un certo punto, visto che sono stati svelati i punti chiave del riordino della rete ospedaliera: e se sulla costa l’hub di secondo livello Chieti-Pescara non è mai stato in discussione, gli ospedali di Teramo e l’Aquila – classificati come di 1′ livello ad alta specializzazione ma con una definizione che peraltro nel decreto Lorenzin non appare (Ospedale l’Aquila affaire: quante bugie!) – dovranno attendere un piano di fattibilità per vedere se anche nelle aree interne sarà possibile un presidio di secondo livello. Un passaggio doveroso che servirà però anche a prendere tempo, sicuramente, in attesa di comprendere quali scenari, economici e politici senza dubbio, si prospetteranno nei prossimi mesi.

E’ sul filo dell’alleanza-rivalità con Teramo che il San Salvatore può giocare le sue carte: lo aveva annunciato a Il Capoluogo diverse settimane fa (L’Aquila tenta Teramo per l’hub di secondo livello) il presidente del Consiglio comunale Carlo Benedetti, che in una nota odierna rilancia l’invito alle istituzioni teramane a tenere un consiglio congiunto proprio sulle tematiche inerenti la sanità: istituzioni dalle quali ancora non è arrivata una risposta, però.

“Apprezzo l’operato dell’assessore regionale alla sanità Silvio Paolucci, – ha dichiarato Benedetti – al quale va l’indiscusso merito di aver razionalizzato e normalizzato un settore su cui pesavano anni di politiche clientelari e campanilistiche e prive di un disegno strategico. Devo tuttavia rimarcare la necessità, anche per la particolare conformazione geografica della nostra regione, di avere un ospedale di secondo livello nelle zone interne, a copertura dell’enorme bacino territoriale che va da Sulmona a Teramo. È assurdo ipotizzare un unico hub tra Pescara e Chieti, poiché significherebbe tornare alla politica gaspariana di una regione che viaggia a due velocità e sancire una sanità di serie B per le zone interne, a discapito delle eccellenze che, come è facile immaginare, lascerebbero i presidi ospedalieri interni, e dello stesso ateneo aquilano. La politica, in particolare il centro sinistra, deve prendere una posizione chiara e netta, dal momento che si tratta di un elemento cruciale nel futuro dei cittadini e dei nostri territori. Dal canto mio, – ha concluso Benedetti – sto lavorando ad una seduta congiunta dei Consigli comunali dell’Aquila e di Teramo, rispetto a cui vi è già l’individuazione di un percorso da parte della Conferenza dei capigruppo. Una necessaria base da cui partire in termini di confronto e progettualità, a tutela delle zone interne e a presidio del loro futuro”.

Ma se la politica aquilana deve badare, nelle parole di Benedetti, a fare in modo che il San Salvatore sia competitivo e valido anche fra quindici anni le nostre aree interne, complici nuovi e vecchi equilibri politici, puntano i piedi.

E’ il caso di Avezzano, dove i rappresentanti politici scalpitano per mantenere Neurologia, seppure l’assessore Paolucci ne abbia stroncato le velleità. Sul mantenimento del punto nascita di Sulmona si è alzato un polverone a distanza tra Cialente e la neo sindaca Casini, quest’ultima impegnata su più battaglie – vedi il progetto Toto sulla A24-A25 – che la vedono combattere con al fianco l’agguerrito Assessore alle aree interne Andrea Gerosolimo.

Equilibri instabili, con più piani che si sovrappongono e storie che sembrano rincorrersi.

Era il luglio del 2015, un anno fa, quando il consiglio comunale aquilano, convocato proprio sulla questione sanitaria, aveva già guardato a Teramo: “Se qualcuno in Regione o all’Aquila sta pensando che Teramo faccia da gregario al capoluogo abruzzese non ha capito nulla”scriveva il sindaco Brucchi in un post su Facebook.

I toni, a distanza di un anno e con un piano sanitario più chiaro,  paiono essere cambiati, visto che Brucchi pochi giorni fa al Centro diceva di voler stringere un patto per la difesa della sanità pubblica sull’asse l’Aquila – Teramo.

Ma sottolineando:«Avremmo le carte in regola per creare anche qui un ospedale di secondo livello. La Regione può fare una scelta diversa, ma questo non può andare a scapito del nostro territorio»

Discorsi simili, versanti diversi: un braccio di ferro, con il Gran Sasso (e la salute dei cittadini) di mezzo.