L’Aquila prende, ma non dà

di Francesca Marchi
“Tramezzi sulle mattonelle con tubi degli impianti scoperti. Ed eternit in gran quantità. Eppure quel palazzo ospitava studenti”. E’ quanto denuncia un operaio che ha lavorato alla ricostruzione di Palazzo Ciavola Cortelli nel cuore della città. Su Via Roma oggi, lo storico edificio è tornato come nuovo, anzi più bello di prima. “La galera non basta per chi ha permesso tutto questo. Lavorare alla ricostruzione vuol dire anche guardare in faccia la leggerezza con cui si costruiva” – commenta l’operaio. “Le spiacevoli sorprese si trovano in molti palazzi, la maggior parte”. E’ pur vero che questi giganti di pietra non vedevano un operaio da decenni.
Come va la ricostruzione? “Alti e bassi. Questa è una città complicata, piena di storia. Non puoi buttare giù e rifare da capo. Spuntano affreschi, archi e pezzi di storia e la Soprintendenza rallenta o blocca i lavori”.
A parlare è Gianni che da più di quattro anni lavora nel cantiere più grande d’Europa. E’ di Frosinone e insieme alla sua squadra, composta da altri sei operai, ogni mattina parte dal capoluogo ciociaro per poi tornarci di sera, dopo il lavoro. 300 chilometri al giorno per sei giorni su sette. “Impossibile pensare di dormire all’Aquila. 250 euro al mese per un letto. Una spesa che non si può affrontare. Dormire e mangiare vuol dire spendere 400 euro al mese che sottratte dallo stipendio non ti fa riportare nulla a casa. Il lavoro è importante, ma siamo qui a respirare e a ingoiare polvere. L’Aquila prende, ma non dà”.
Questa è l’altra faccia della ricostruzione. Quella materiale fatta di volti, fatica e sudore.