L’ultimo saluto alle vittime marchigiane

di Eleonora Falci
E’ il giorno del lutto nazionale.
Si stanno celebrando i funerali delle 35 vittime marchigiane ad Ascoli Piceno, celebrati da monsignor Giovanni d’Ercole, già arcivescovo dell’Aquila. Un Palazzetto dello Sport pieno, alla presenza del Presidente della Repubblica Mattarella che ha fatto visita ai terremotati ad Amatrice ed Accumoli prima di recarsi alla funzione funebre. “Non sarà facile, ma insieme allo Stato, dopo questo sforzo generoso dei Vigili del Fuoco, della Protezione civile, delle forze dell’ordine e dei volontari dobbiamo provare a ricostruire”: ha confortato così il presidente Sergio Mattarella una vittima del terremoto di Amatrice che gli ha manifestato il timore sul futuro della città distrutta da sisma. “Non vi lasceremo soli. Non vi preoccupate, faremo tutto il possibile per starvi vicino”.


Presenti le più alte cariche istituzionali, dal Presidente del Consiglio Renzi alla Presidente della Camera Boldrini, al Vice Presidente del CSM Legnini, al Cinque Stelle Di Maio.
Presente il sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, visibilmente commosso, che prima della funzione ha a lungo parlato con Matteo Renzi e Laura Boldrini. Abbracci, strette di mano e un gesto, ripetuto, quello del sindaco, delle mani giunte, come a dire: “Come è possibile?”



Una cerimonia funebre intensa, con le 35 bare schierate davanti all’altare improvvisato, mentre il numero delle vittime complessive del sisma sale a dismisura: sono 290 i morti e 388 i feriti, al momento.
Su molti dei presenti sono ben visibili escoriazioni, lividi, ingessature: i segni materiali, sui loro corpi, dei crolli delle loro case.
Alla fine della cerimonia funebre il Presidente della Repubblica visiterà i feriti nell’ospedale di Ascoli Piceno, dove è ricoverata anche Giorgia, la bimba di 10 anni salvata dopo ore sotto alle macerie.
“Adesso è il momento della speranza” ha detto nella sua omelia Mons. D’Ercole. “La risposta ora è il silenzio, l’abbraccio e per me la preghiera. La comunità colpita è come una unica famiglia” prosegue, sottolineando la presenza anche dell’Arcivescovo dell’Aquila Giovanni Petrocchi. “Diciamolo insieme: Signore, qui abbiamo perso tutto. Tu dove stai? Eppure, se guardate oltre le lacrime, scorgerete qualcosa di più profondo. Il terremoto può togliere tutto, tutto, eccetto una cosa: il coraggio della vita. Oggi i riflettori sono accesi, domani si spegneranno. Oggi le torri campanarie sono cadute, nei nostri paesi: ma un giorno le campane torneranno a suonare.” Rivolge soprattuti ai ragazzi un messaggio: “Siamo in tempi di guerra. Anche il terremoto è una guerra, perché la natura non ci perdona. Ecco perché è saggio imparare a dialogare con la natura e a non provocarla indebitamente. Il terremoto è come un aratro, che ferisce, spacca la terra, la frantuma. E’ violento. Ferisce, ma è strumento per una nuova rinascita, per una nuova primavera. I sismologi cercano di prevedere i terremoti, ma solo la fede ce li fa superare. Piedi ben saldi per terra e volto al cielo.”
“Non perdete il coraggio” l’esortazione del vescovo di Ascoli.