Mamme al bivio, nido sì o no?

di Roberta Bernardi*
Settimana scorsa mi sono trovata davanti al bivio se iscrivere le mie bimbe di 8 mesi al nido oppure no… e come spesso avviene nelle incertezze della vita mi sono ritrovata a riflettere sui pro e i contro di questa soluzione.
Una marea di pensieri mi frullavano in testa: sono troppo piccole? Meglio stare a casa con la tata e con me? Le educatrici si prenderanno cura di loro come vorrei? Allora ho deciso di analizzare a fondo gli aspetti fondamentali nella vita di un bambino piccolo…
La socializzazione.
Cosa significa socializzare per un bambino di 1 o 2 anni? A questa età i bambini fanno spesso giochi paralleli e non collaborano, quindi parlare di socializzazione nel senso in cui spesso lo intendiamo noi è sicuramente prematuro. Ma la presenza di altri bambini intorno che fanno cose diverse da quelle che fa il nostro piccolo lo porta sicuramente a sperimentare. Quando il bambino è al nido insieme ad altri bambini è continuamente spinto dal suo istinto a fare quello che fanno gli altri, che sia mangiare con la forchetta da solo, o sedersi sul vasino, addormentarsi per il riposino, o mettere a posto i giochi dopo averli usati, o tante altre piccole azioni… tutto ciò spinge alla crescita e all’autonomia.
Quando un bambino è a casa con la mamma (o con i nonni) fino a 3 anni perde questa grande opportunità di confronto con altri bambini, e non perché se ne sta chiuso in casa e non gli capita di incontrarne altri bimbi… ma non è la stessa cosa portare un figlio al parco-giochi a socializzare. Una cosa è la condivisione di routine che comprendono anche il mangiare, il dormire e tutto il resto oltre al gioco, un’altra è incontrare un amichetto per giocare solo qualche ora.
Le relazioni affettive.
I genitori del no affermano che un bambino che va all’asilo nido subisce un senso di sdradicamento rispetto agli affetti famigliari, secondo loro mancherebbe al piccolo l’abbraccio caldo della mamma che lo protegge e lo coccola e lo fa crescere sicuro. Io però vedo anche che i bambini al nido si creano delle bellissime relazioni affettive con il personale che si prende cura di loro e anche con gli altri bambini: il loro mondo affettivo diventa più ampio e più ricco. Imparano a sentirsi più sicuri anche in gruppo e a cercare delle relazioni diverse con i diversi individui che li circondano.
La mamma non è l’unico punto di riferimento, ma ci sono altre persone a cui voler bene e con cui poter star bene.
L’indipendenza.
Uno dei lavori più importanti che fanno le educatrici del nido è quello della spinta all’indipendenza. Un po’ perché un adulto che si deve occupare di 5 o 6 bambini al di sotto dei 3 anni non può fare tutto da solo, un po’ perché fa parte dell’aspetto pedagogico (vedi Montessori ad esempio). Un bambino di 13 mesi può mangiare da solo, uno di 18 mesi può infilarsi i pantaloni da solo, uno di 2 anni può lavarsi le mani da solo.
In genere questo a casa non viene fatto, si tende a coccolare il piccolo e fare tutto al suo posto… e qui mi ci metto anche io. Primo, io non ho molta pazienza e spesso nella fretta finisce che le cose le faccio io così ci si sbriga prima. Secondo perché magari non mi viene sempre in mente. Ad esempio: le mie bimbe hanno iniziato a mangiare da sole il biscottino plasmon, se sbriciolato a dovere. Lo prendono con le loro manine e lo portano alla boccuccia…. ma questo non sempre lo faccio fare loro per i motivi sopra indicati.
Il lavoro che fanno le educatrici al nido è importante perchè stimola l’autostima e la formazione di una coscienza di se stessi come individui indipendenti. Ora è vero che anche questo si può fare a casa, lasciandoli provare e rispettando i loro tempi, ma quanti sono a farlo? E quanti continuano ad imboccare i figli oltre i 2 anni? (io ne conosco!)
Alla fine io l’iscrizione all’asilo nido l’ho fatta…. con le dovute limitazioni!Non sono per il nido quando si hanno pochi mesi e magari suggerirei all’inizio un orario ridotto in modo da garantire anche del tempo di qualità con i genitori e un inserimento graduale e non traumatico al piccolo. Poi è vero che si può fare tutto o quasi anche a casa ma con molta più fatica e, se certi aspetti educativi, affettivi e di crescita vengono salvaguardati meglio all’interno delle mura domestiche, altri vengono sottovalutati o dimenticati, tendendo magari a proteggere un po’ più del necessario. Ritengo sia giusto offrire una possibilità educativa più ampia, che prenda il meglio di quello che io, da genitore, posso dare, e il meglio di quello che un asilo nido può offrire.

di Roberta Bernardi per Psicologiamo.
35 anni, Psicologa Clinica e Psicoterapeuta, Roberta ha recentemente dato alla luce Azzurra ed Aurora. Attualmente impegnata in PhD presso l’Università degli Studi di L’Aquila, è specialista in psicopatologia infantile e adolescenziale con annesse problematiche familiari. BLOG: PSICOLOGIAMO