L’Aquila come il Vajont

9 ottobre 2016 | 12:38
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L’Aquila come il Vajont

Il tempo e i chilometri separano due eventi: il disastro del Vajont e il terremoto dell’Aquila, ma molti elementi accomunano due fatti che hanno segnato la storia del belpaese. La perdita di vite umane, le città rase al suolo, una ricostruzione da fare e un futuro difficile anche da immaginare. Ma c’è molto di più: due processi, due avvenimenti esclusivi nella storia del settore giudiziario.
Oggi, a 53 ani di distanza dalla frana del monte Toc che seminò ovunque morte e desolazione con 1910 vittime, si parla di disastro annunciato, di errori umani che hanno portato alla strage: l’aver costruito la diga in una valle non idonea, l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza, il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. Il pensiero va all’Aquila, alla commissione grandi rischi e a quei giorni di inizio aprile in cui tutto sembrava ancora ‘normale’. 
IL PROCESSO DEL VAJONT ALL’AQUILA: Per il Vajont fu aperta un’inchiesta giudiziaria, lunga anni e conclusa con pene più lievi di quelle richieste. Era il 29 ottobre del 1968 quando si cominciava proprio all’Aquila, dopo che la sede fu trasferita da Belluno per “legittima suspicione”, il processo: alla sbarra dirigenti, tecnici e consulenti. La prevedibilità della frana non venne riconosciuta.
Una tragedia e un processo che si ripetono all’Aquila, molti anni dopo. Alla sbarra dirigenti, tecnici e consulenti, membri della Commissione grandi rischi della Protezione civile. Il processo Grandi rischi e il processo bis che ha visto imputato Guido Bertolaso. Nel primo caso la Commissione Grandi Rischi è stata dichiarata non è colpevole, il responsabile della Protezione Civile De Bernardinis sì. L’ex numero uno della protezione civile invece, lo scorso 30 settembre, è stato assolto per non aver commesso il fatto dalle accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni.
Due fatti che non sussistono. L’Aquila come il Vajont. (fm)